Metrica: interrogazione
137 settenari (pezzi chiusi) in Adriano in Siria Q2 
   Dal labbro che t'accende
di così dolce ardor
la sorte tua dipende;
(e la mia sorte ancor).
   Mi spiace il tuo tormento,
ne sono a parte e sento
che del tuo cor la pena
è pena del mio cor. (Parte Adriano seguito da tutte le guardie e soldati romani)
   Sprezza il furor del vento
robusta quercia, avvezza
di cento verni e cento
l'ingiurie a tollerar.
   E se pur cade al suolo,
spiega per l'onde il volo
e con quel vento istesso
va contrastando in mar. (Parte)
   Dopo un tuo sguardo ingrata
forse non partirei,
forse mi scorderei
tutta l'infedeltà.
   Tu arrossiresti in volto;
io sentirei nel core,
più che del mio dolore,
del tuo rossor pietà. (Parte)
   Numi se giusti siete,
rendete a me quel cor;
mi costa troppe lagrime,
per perderlo così.
   Voi lo sapete, è mio.
Voi l'ascoltaste ancor,
quando mi disse addio,
quando da me partì. (Parte)
   Se non ti moro allato
col tuo bel nome amato
fra' labbri io morirò.
   Se a me t'invola il fato
col tuo bel nome amato
fra' labbri io morirò
   Addio mia vita.
                                  Addio
luce degli occhi miei.
Quando fedel mi sei,
che più bramar dovrò?
   Quando il mio ben perdei
che più sperar potrò?
   Un tenero contento
eguale a quel ch'io sento,
numi, chi mai provò?
   Un barbaro tormento
eguale a quel ch'io sento,
numi, chi mai provò?
   Per te d'eterni allori
germogli il suol romano;
de' numi il mondo adori
il più bel dono in te.
   E quell'augusta mano,
che porgermi non sdegni,
regga il destin de' regni,
la libertà de' re. (Parte)
   Saggio guerriero antico
mai non ferisce in fretta.
il suo vantaggio aspetta;
e gl'impeti dell'ira
   Muove la destra e il piede,
finge, s'avanza e cede,
fin che il momento arriva
che vincitor lo fa. (Parte)
   Tutti nemici e rei,
tutti tremar dovete;
e m'insultate ancor!
   Che barbaro governo
fanno dell'alma mia
sdegno, rimorso interno,
Non ha più furie Averno
per lacerarmi il cor. (Parte)
   Leon piagato a morte
sente mancar la vita,
guarda la sua ferita
né s'avvilisce ancor.
   Così fra l'ire estreme
rugge, minaccia e freme
che fa tremar morendo
talvolta il cacciator. (Parte)
   È falso il dir che uccida,
se dura un gran dolore,
e che, se non si muore,
sia facile a soffrir.
   Questa ch'io provo è pena
che avanza ogni costanza,
che il viver m'avvelena,
e non mi fa morir. (Parte)
   Digli ch'è un infedele;
digli che mi tradì;
senti, non dir così;
   Ah se nel mio martir
   Più bella, al tempo usato,
fan germogliar la vite
d'esperto agricoltor.
   Non stilla in altra guisa
che da una pianta incisa
dall'arabo pastor. (Parte)
   Barbaro, non comprendo
se sei feroce o stolto;
se ti vedessi in volto
avresti orror di te.
   Orsa nel sen piagata,
serpe nel suol calcata,
leon che aprì gli artigli,
tigre che perda i figli
fiera così non è. (Parte)
   Oh dio! Mancar mi sento
mentre ti lascio, o caro.
Oh dio! Che tanto amaro
forse il morir non è.
   Ah non dicesti il vero,
ben mio, quando dicesti,
che tu per me nascesti,
ch'io nacqui sol per te. (Parte)
   Ma d'esser non pretenda
   La differenza intenda,

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