Metrica: interrogazione
135 settenari (pezzi chiusi) in Achille in Sciro H 
   Ah di tue lodi al suono,
padre Lieo, discendi;
ah le nostr'alme accendi
del sacro tuo furor.
   O fonte de' diletti,
o dolce obblio de' mali,
per te d'esser mortali
noi ci scordiam talor.
   Ah le nostr'alme accendi
del sacro tuo furor.
   Per te, se in fredde vene
pigro ristagna e langue,
bolle di nuovo il sangue
d'insolito calor.
   Ah le nostr'alme accendi
del sacro tuo furor.
   Chi te raccoglie in seno
esser non può fallace;
fai diventar verace
un labbro mentitor.
   Ah le nostr'alme accendi
del sacro tuo furor.
   Tu dai coraggio al vile,
rasciughi al mesto i pianti,
discacci dagli amanti
l'incomodo rossor.
   O fonte de' diletti,
o dolce obblio de' mali,
accendi i nostri petti
del sacro tuo furor. (Ad un improvviso suon di trombe, che odesi in lontano verso la marina, tace il coro, s’interrompe il ballo e s’arrestan tutti in attitudine di timore riguardando verso il mare)
   No, ingrato, amor non senti;
o, se pur senti amor,
perder non vuoi del cor
   Ami, se tel rammenti;
e puoi senza penar
   Fra l'ombre un lampo solo
basta al nocchier sagace
che già ritrova il polo,
già riconosce il mar.
   Al pellegrin ben spesso
basta un vestigio impresso,
perché la via fallace
non l'abbia ad ingannar. (Parte)
   Sì varia in ciel talora
dopo l'estiva pioggia
l'iride si colora,
quando ritorna il sol.
   Non cambia in altra foggia
colomba al sol le piume,
se va cambiando lume
mentre rivolge il vol. (Parte)
   Intendo il tuo rossor;
«Amo» vorresti dir;
ma in faccia al genitor
   Il farti più soffrir
sarebbe crudeltà;
restino in libertà
   Risponderti vorrei
ma gela il labbro e tace;
lo rese amor loquace,
muto lo rende amor,
   amor che a suo talento
rende un imbelle audace
e abbatte in un momento,
quando gli piace, un cor. (Parte)
   Quando il soccorso apprenda
che dal tuo regno io guido,
dovrà sul frigio lido
Ettore impallidir.
   Più gli farà spavento
questo soccorso solo
che cento insegne e cento,
che ogni guerriero stuolo,
che quante vele al vento
seppe la Grecia aprir. (Parte con Arcade)
   Fa' che si spieghi almeno
quell'alma contumace,
se l'amor mio le piace,
se vuol rigor da me.
   Di' che ho per lei nel seno
di re, di padre il core,
che appaghi il genitore
o che ubbidisca il re. (Parte)
   Potria fra tante pene
lasciar l'amato bene
chi un cor di tigre avesse
né basterebbe ancor,
   che quel pietoso affetto,
che a me si desta in petto,
senton le tigri istesse,
quando le accende amor. (Parte)
   Così leon feroce,
che sdegna i lacci e freme,
al cenno d'una voce
perde l'usato ardir.
   Ed a tal segno obblia
che quella man che teme
va placido a lambir. (Parte)
   Dille che si consoli;
dille che m'ami; e dille
che partì fido Achille,
che fido tornerà.
   Che a' suoi begli occhi soli
vuo' che il mio cor si stempre,
che l'idol mio fu sempre,
che l'idol mio sarà. (Parte con Ulisse ed Arcade)
   Or che mio figlio sei,
sfido il destin nemico;
sento degli anni miei
   Così chi a tronco antico
florido ramo innesta
   Ecco, felici amanti,
ecco Imeneo già scende;
già la sua face accende,
spiega il purpureo vel.
   Ecco a recar sen viene
a voi per man de' numi
già fabbricate in ciel. (Mentre cantasi il coro che precede, scenderà dall’alto denso globo di nuvole che prima ingombrerà dilatandosi gran parte della reggia e scoprirà poi agli spettatori il luminoso tempio della Gloria, tutto adornato de’ simulacri di coloro ch’ella rese immortali. Si vedranno in aria innanzi al tempio medesimo la Gloria, Amore ed il Tempo, ed in sito men sollevato numerose schiere di lor seguaci)
   Tutti venite, o dei,
   Ecco, felici amanti,
ecco Imeneo già scende;
già la sua face accende,
   Ecco a recar sen viene
già fabbricate in ciel.

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