Catone in Utica, Venezia, Buonarigo, 1729, II edizione

 CATONE IN UTICA
 
 
    Tragedia per musica di Artino Corasio, pastore arcade, da rappresentarsi nel famosissimo teatro Grimani di San Giovanni Grisostomo, nel carnevale del 1729, seconda edizione.
    In Venezia, appresso Carlo Buonarigo, libraio in Merzeria, con licenza de’ superiori e privilegio.
 
    Dedicata a sua eccellenza il signor don Domenico Marzio Pacecco Carafa, principe e duca di Mataloni, marchese di Arienzo e suoi casali, conte di Cerreto, di San Lorenzo Maggiore, di Pontelandolfo, della Guardia, di San Lupo, di San Lorenzo Minore e della Civitella, prencipe della Guardia, duca de’ casali di San Salvatore, utile signore della città di Sant’Agata de’ Goti e suoi casali, di Pietraroja, delli Veneri, di Massa e del Castel di Cancello, eccetera, grande di Spagna di prima classe e principe di eccelsa qualità del sacro romano impero.
 
 Eccellenza,
    quest’opera, che ha di già meritati al suo illustre autore in altra parte gli applausi e che ora nel maggior teatro di questa dominante e sempre invitta republica rappresentare si deve, come che per l’eroico della sua azzione e per la magnificenza de’ suoi apparati in qualche maniera corrisponde al gran merito di vostra eccellenza, a voi, eccellentissimo signore, di consacrarla ho proposto. La distinta stima che per ogni luogo ove siete il vostro nome raccoglie incoragisce l’ardire con cui mi vi presento dinante. Sa bene il mondo che nella nobile ed antichissima vostra famiglia i secoli e gli eroi numerate e che fra gli astri più luminosi, che nel bel Sebeto mia patria sfavillanti appariscono, il vostro raggio con special lume scintilla. Ed invero essendo voi de’ Carrasi eroi il gran germe, quelli dico che in ogni tempo stati sono, per l’Europa tutta non che per l’Italia, famosi per il valore, celebri per la grandezza, rinomati per la nobiltà, distinti per gli onori, temuti per la potenza, e che di tratto in tratto valorosi e prodi guerrieri, porporati e papi han prodotto, in voi con ragione, quasi in lucidissimo specchio tutti i loro fregi a noi tralucer ne debbano. Ma a che andar ricercando le vostre lodi in cose già trasandate, quando in sol mirare nell’immagine vostra il tratto adorabile, la cortesia generosa, il costume ammirabile e le maniere gentili, senza gir rivolgendo gli ampi volumi e l’istorie che su la vostra famiglia s’impiegano, la gran nascita vostra a chi che sia persuadono. Dinanti adunque a personaggio sì venerato nel mentre ossequiosamente mi prostro, implorando la grazia di essere ammesso sotto l’ombra d’un così alto patrocinio, con umilissimo inchino mi protesto più sempre di vostra eccellenza umilissimo, devotissimo ed obligatissimo servitore.
 
    Domenico Lalli
 
 
 ARGOMENTO
 
    Dopo la morte di Pompeo, il di lui contradittore Giulio Cesare fattosi perpetuo dittatore, si vidde rendere omaggio non solo da Roma e dal Senato ma da tutto il rimanente del mondo, fuorché da Catone il Minore, senatore romano che poi fu detto Uticense dal luogo di sua morte. Uomo già venerato come padre della patria non meno per l’austera integrità de’ costumi che per il valore, grand’amico di Pompeo ed acerbissimo difensore della libertà romana. Questi avendo raccolti in Utica li pochi avanzi delle disperse milizie pompeiane, con l’aiuto di Giuba re de’ Numidi, amico fedelissimo della repubblica, ebbe costanza d’opporsi alla felicità del vincitore. Cesare vi accorse con esercito numeroso e benché in tanta disuguaglianza di forze fosse sicurissimo di opprimerlo, pure invece di minacciarlo, innamorato della virtù di lui, non trascurò offerta o preghiera per renderselo amico; ma quegli ricusando aspramente qualunque condizione, quando vidde disperata la difesa di Roma, volle almeno morir libero uccidendo sé stesso. Cesare nella morte di lui diede segni di altissimo dolore, lasciando in dubbio la posterità se fosse più ammirabile la generosità di lui, che venerò a sì alto segno la virtù ne’ suoi nemici, o la costanza dell’altro che non volle sopravivere alla schiavitù della patria.
    Tutto ciò si ha dagli storici, il resto è verisimile. Per comodo della musica cangeremo il nome di Cornelia vedova di Pompeo in Emilia e quello del giovane Iuba, figlio dell’altro Iuba re di Numidia, in Arbace.
    Le parole numi, fato, eccetera non hanno cosa alcuna di commune con gl’interni sentimenti dell’autore che si professa vero cattolico.
    La scena è in Utica città dell’Africa.
 
 
 MUTAZIONI DI SCENE
 
    Nell’atto primo: parte interna delle mura di Utica con parte della città in prospetto chiusa da un ponte che poi s’abbassa; fabriche in parte rovinate vicino al soggiorno di Catone.
    Nell’atto secondo: alloggiamenti militari su le rive del fiume Bagrada con varie isole che communicano fra loro per diversi ponti; camera con sedie.
    Nell’atto terzo: cortile; luogo ombroso circondato d’alberi con fonte d’Iside da un lato e dall’altro ingresso praticabile di aquedotti antichi; gran piazza d’armi dentro le mura di Utica, parte di dette mura diroccate, campo de’ cesariani fuori della città con padiglioni, tende e machine militari.
    Le scene sudette sono invenzioni e direzzioni delli signori Giuseppe e Domenico fratelli Valeriani, ingegnieri del teatro e pittori di sua altezza serenissima elettorale di Baviera.
 
 
 PERSONAGGI
 
 CATONE
 (il signor Nicola Grimaldi, cavaliere della croce di San Marco)
 CESARE
 (il signor Domenico Gizzi napolitano)
 MARZIA figlia di Catone, amante occulta di Cesare
 (la signora Lucia Fachinelli)
 EMILIA vedova di Pompeo
 (la signora Antonia Negri)
 ARBACE principe reale di Numidia, amico di Catone e amante di Marzia
 (il signor Carlo Broschi detto Farinello napolitano)
 FULVIO legato del Senato romano a Catone, del partito di Cesare e amante di Emilia
 (il signor Gioseppe Maria Boschi)
 
    La musica è del signor Leonardo Leo napolitano.
    Tutte le arie che non sono dell’autore saranno contrasegnate con una stella, e tutti li versi che non si canteranno con due «.
    Li balli sono di nuova invenzione del signor Francesco Aquilante, servitore attuale di sua altezza serenissima il signor duca di Parma.