Didone abbandonata, Torino, Reale, 1757, II

 SCENA XVIII
 
 ENEA solo
 
 ENEA
 E soffrirò che sia
 sì barbara mercede
 premio della tua fede, anima mia?
 Tanto amor, tanti doni...
530Ah! Pria ch'io t'abbandoni,
 pera l'Italia, il mondo,
 resti in obblio profondo
 la mia fama sepolta,
 vada in cenere Troia un'altra volta.
535Ah che dissi! Alle mie
 amorose follie,
 gran genitor, perdona; io n'ho rossore;
 non fu Enea che parlò, lo disse amore.
 Si parta. E l'empio moro
540stringerà il mio tesoro?
 No... Ma sarà frattanto
 al proprio genitor spergiuro il figlio?
 Padre, amor, gelosia, numi, consiglio!
 
    Se resto sul lido,
545se sciolgo le vele,
 infido, crudele
 mi sento chiamar.
 
    E intanto confuso
 nel dubbio funesto,
550non parto, non resto;
 ma provo il martire
 che avrei nel partire,
 che avrei nel restar. (Parte)
 
 Fine dell’atto primo