Didone abbandonata, Parigi, Hérissant, 1780

 SCENA V
 
 ENEA, poi IARBA
 
 ENEA
 Io sento vacillar la mia costanza
 a tanto amore appresso;
 e mentre salvo altrui, perdo me stesso.
 IARBA
700Che fa l'invitto Enea? Gli veggo ancora
 del passato timore i segni in volto.
 ENEA
 Iarba da' lacci è sciolto!
 Chi ti diè libertà?
 IARBA
                                    Permette Osmida
 che per entro la reggia io mi raggiri;
705ma vuol ch'io vada errando
 per sicurezza tua senza il mio brando.
 ENEA
 Così tradisce Osmida
 il comando real?
 IARBA
                                 Dimmi, che temi?
 Ch'io fuggendo m'involi a queste mura?
710Troppo vi resterò per tua sventura.
 ENEA
 La tua sorte presente
 fa pietà, non timore.
 IARBA
 Risparmia al tuo gran core
 questa pietà. D'una regina amante
715tenta pure a mio danno,
 cerca pur d'irritar gli sdegni insani.
 Con altr'armi non sanno
 le offese vendicar gli eroi troiani.
 ENEA
 Leggi. La regal donna in questo foglio
720la tua morte segnò di propria mano.
 Se Enea fosse africano,
 Iarba estinto saria. Prendi ed impara,
 barbaro, discortese,
 come vendica Enea le proprie offese. (Lacera il foglio e parte)