Nitteti, Torino, Reale, 1757

 SCENA VIII
 
 SAMMETE, poi NITTETI, indi AMENOFI
 
 SAMMETE
680Assistetemi, o numi;
 son fuor di me. Che avvenne?
 Dove Beroe s'invia? Perché mel tace?
 Chi la sforza a lasciarmi? Ed io fra queste
 tenebre ho da languir? Morir degg'io
685e ignorar chi m'uccide? È il mio tesoro,
 è il genitor che mi tradisce? (Resta immobile e pensoso e non ode che le ultime parole di Nitteti)
 NITTETI
                                                      Ah prence,
 son rea; perdona. Un improvviso assalto
 di cieco sdegno al genitor mi fece
 la tua Beroe tradir.
 SAMMETE
                                      No, principessa, (Con vivacità)
690possibile non è. Beroe incapace
 è di tradirmi. Ha troppo bello il core,
 troppo candida ha l'alma.
 NITTETI
                                                 O non m'intendi
 o non t'intendo.
 SAMMETE
                                (In questa angustia, in questa (Da sé)
 oscurità come restar? No; voglio
695raggiungere il mio ben... Ma, oh dio! m'impose
 di non seguirla). (Pensoso come sopra e non intendendo che le ultime parole d’Amenofi)
 AMENOFI
                                  Al genitor, Sammete,
 il passo affretta. Egli m'impose...
 SAMMETE
                                                              Ed io
 ubbidirla non posso.
 Nulla ho promesso a lei. Quand'io la siegua,
700non dee Beroe sdegnarsi. (In atto di partire)
 AMENOFI
                                                  Odi; t'arresta.
 Qual favella è mai questa? Io non ritrovo
 senso ne' detti tuoi. Non sembra intero,
 caro prence, il tuo senno.
 SAMMETE
                                                È vero, è vero;
 son fuor di me. Perdona;
705la ragion m'abbandona. Ah chi pretende
 ragion da un disperato?
 Non l'ha chi non la perde in questo stato.
 
    Mi sento il cor trafiggere,
 presso a morir son io;
710e non conosco, oh dio!
 chi mi trafigge il cor.
 
    Non so dove mi volgere,
 indarno i numi invoco;
 e il duolo a poco a poco
715degenera in furor. (Parte)