Catone in Utica, Parigi, Quillau, 1755

 SCENA X
 
 MARZIA e CESARE
 
 CESARE
 Pur ti riveggo, o Marzia. Agli occhi miei
 appena il credo e temo
 che per costume a figurarti avvezzo
435mi lusinghi il pensiero. Oh quante volte
 fra l'armi e le vicende in cui m'avvolse
 l'incostante fortuna a te pensai.
 E tu spargesti mai
 un sospiro per me? Rammenti ancora
440la nostra fiamma? Al par di tua bellezza
 crebbe il tuo amore o pur scemò? Qual parte
 hanno gli affetti miei
 negli affetti di Marzia?
 MARZIA
                                             E tu chi sei?
 CESARE
 Chi sono! E qual richiesta! È scherzo? È sogno?
445Così tu di pensiero
 o così di sembianza io mi cangiai?
 Non mi ravvisi?
 MARZIA
                                 Io non ti vidi mai.
 CESARE
 Cesare non vedesti?
 Cesare non ravvisi?
450Quello che tanto amasti,
 quello a cui tu giurasti
 per volger d'anni o per destin rubello
 di non essergli infida?
 MARZIA
                                            E tu sei quello?
 No, tu quello non sei, n'usurpi il nome.
455Un Cesare adorai, nol niego; ed era
 della patria il sostegno,
 l'onor del Campidoglio,
 il terror de' nemici,
 la delizia di Roma,
460del mondo intier dolce speranza e mia.
 Questo Cesare amai; questo mi piacque
 pria che l'avesse il ciel da me diviso;
 questo Cesare torni e lo ravviso.
 CESARE
 Sempre l'istesso io sono; e se al tuo sguardo
465più non sembro l'istesso, o pria l'amore
 o t'inganna or lo sdegno. All'armi, all'ire
 mi spinse a mio dispetto
 più che la scelta mia l'invidia altrui.
 Combattei per difesa. A te dovevo
470conservar questa vita; e se pugnando
 scorsi poi vincitor di regno in regno,
 sperai farmi così di te più degno.
 MARZIA
 Molto ti deggio inver; se ingiusta offesi
 il tuo cor generoso, a me perdona.
475Io semplice finora
 sempre credei che si facesse guerra
 solamente a' nemici e non spiegai
 come pegni amorosi i tuoi furori.
 Ma in avvenir l'affetto
480d'un grand'eroe che viva innamorato
 conoscerò così. Barbaro, ingrato.
 CESARE
 Che far di più dovrei? Supplice io stesso
 vengo a chiedervi pace,
 quando potrei... Tu sai...
 MARZIA
                                               So che con l'armi
485però la chiedi.
 CESARE
                             E disarmato all'ira
 de' nemici ho da espormi?
 MARZIA
                                                   Eh di' che il solo
 impaccio al tuo disegno è il padre mio;
 di' che lo brami estinto e che non soffri
 nel mondo che vincesti
490che sol Catone a soggiogar ti resti.
 CESARE
 Or m'ascolta e perdona
 un sincero parlar. Quanto me stesso
 io t'amo, è ver, ma la beltà del volto
 non fu che mi legò; Catone adoro
495nel sen di Marzia; il tuo bel core ammiro
 come parte del suo; qua più mi trasse
 l'amicizia per lui che il nostro amore.
 E se, lascia ch'io possa
 dirti ancor più, se m'imponesse un nume
500di perdere un di voi, morir d'affanno
 nella scelta potrei;
 ma Catone e non Marzia io salverei.
 MARZIA
 Ecco il Cesare mio. Comincio adesso
 a ravvisarlo in te; così mi piaci,
505così m'innamorasti. Ama Catone,
 io non ne son gelosa. Un tal rivale
 se divide il tuo core,
 più degno sei ch'io ti conservi amore.
 CESARE
 Quest'è troppa vittoria. Ah mal da tanta
510generosa virtude io mi difendo.
 Ti rassicura; io penso
 al tuo riposo; e pria che cada il giorno
 dall'opre mie vedrai
 che son Cesare ancora e che t'amai.
 
515   Chi un dolce amor condanna
 vegga la mia nemica;
 l'ascolti e poi mi dica
 s'è debolezza amor.
 
    Quando da sì bel fonte
520derivano gli affetti,
 vi son gli eroi soggetti,
 amano i numi ancor. (Parte)