Didone abbandonata, Madrid, Mojados, 1752

 SCENA XVII
 
 IARBA con guardie e detti
 
 IARBA
 Fermati.
 DIDONE
                    (Oh dei!)
 IARBA
                                        Dove così smarrita?
 Forse al fedel troiano
 corri a stringer la mano?
1270Va' pure, affretta il piede,
 che al talamo reale ardon le tede.
 DIDONE
 Lo so, quest'è il momento
 delle vendette tue; sfoga il tuo sdegno,
 or ch'ogn'altro sostegno il ciel mi fura.
 IARBA
1275Già ti difende Enea, tu sei sicura.
 DIDONE
 E ben, sarai contento.
 Mi volesti infelice? Eccomi sola,
 tradita, abbandonata,
 senza Enea, senza amici e senza regno.
1280Debole mi volesti? Ecco Didone
 ridotta alfine a lagrimar. Non basta?
 Mi vuoi supplice ancor? Sì; de' miei mali
 chiedo a Iarba ristoro;
 da Iarba per pietà la morte imploro.
 IARBA
1285(Cedon gli sdegni miei).
 SELENE
 (Giusti numi pietà!)
 OSMIDA
                                         (Soccorso, o dei!)
 IARBA
 Eppur Didone, eppure
 sì barbaro non son qual tu mi credi.
 Del tuo pianto ho pietà, meco ne vieni.
1290L'offese io ti perdono
 e mia sposa ti guido al letto, al trono.
 DIDONE
 Io sposa d'un tiranno,
 d'un empio, d'un crudel, d'un traditore
 che non sa che sia fede,
1295non conosce dover, non cura onore!
 S'io fossi così vile,
 saria giusto il mio pianto;
 no la disgrazia mia non giunse a tanto.
 IARBA
 In sì misero stato insulti ancora?
1300Olà, miei fidi andate,
 s'accrescono le fiamme. In un momento
 si distrugga Cartago e non vi resti
 orma d'abitator che la calpesti. (Partono due guardie)
 SELENE
 Pietà del nostro affanno.
 IARBA
1305Or potrai con ragion dirmi tiranno.
 
    Cadrà fra poco in cenere
 il tuo nascente impero
 e ignota al passaggiero
 Cartagine sarà.
 
1310   Se a te del mio perdono
 meno è la morte acerba,
 non meriti superba
 soccorso né pietà. (Parte)