Semiramide riconosciuta, Venezia, Buonarigo, 1729

 SCENA V
 
 TAMIRI, MIRTEO, IRCANO
 
 TAMIRI
 Più che ad ogn'altro spiace
 la dimora a Scitalce, ei pensa e tace.
 IRCANO
 Non curar di quel folle
215il silenzio, i pensieri.
 Godi di tua ventura
 che l'amor t'assicura oggi d'Ircano.
 Non rispondi? Ne temi? Ecco la mano.
 MIRTEO
 Che fai? Non ti rammenti
220il comando reale?
 IRCANO
                                   E il re qual dritto
 ha di fraporre a' miei cortesi affetti
 o limiti o dimore?
 TAMIRI
 Ma tu conosci amor? Dicesti Ircano
 che tutto il tuo piacere
225è domar combattendo uomini e fere.
 IRCANO
 È ver. Ma il tuo sembiante
 non mi spiace però; godo in mirarti
 e curioso il guardo
 più dell'usato intorno a te s'arresta.
 TAMIRI
230Gran sorte inver del mio sembiante è questa.
 
    Che quel cor, quel ciglio altero
 senta amor, goda in mirarmi
 non lo credo, non lo spero.
 Tu vuoi farmi insuperbir.
 
235   O pretendi allor che torni
 ai selvaggi tuoi soggiorni
 rammentar così per gioco
 l'amoroso mio martir.