Artaserse, Venezia, Buonarigo, 1730

 SCENA XII
 
 MANDANE, ARTASERSE, SEMIRA e ARTABANO
 
 MANDANE
 (Ah che al partir d'Arbace
 io comincio a provar che sia la morte).
 ARTABANO
 A prezzo del mio sangue ecco o Mandane
1060sodisfatto il tuo sdegno.
 MANDANE
                                              Ah scelerato,
 fuggi dagli occhi miei; fuggi la luce
 delle stelle e del sol. Celati indegno
 nelle più cupe e cieche
 viscere della terra,
1065se pur la terra istessa a un empio padre
 così d'umanità privo e d'affetto
 nelle viscere sue darà ricetto.
 ARTABANO
 Dunque la mia virtù...
 MANDANE
                                           Taci inumano.
 Di qual virtù ti vanti?
1070Ha questa i suoi confini e quando eccede
 cangiata in vizio ogni virtù si vede.
 ARTABANO
 Ma non sei quella istessa
 che finor m'irritò?
 MANDANE
                                     Son quella e sono
 degna di lode e se dovesse Arbace
1075giudicarsi di nuovo, io la sua morte
 di nuovo chiederei. Dovea Mandane
 un padre vendicar. Salvare un figlio
 Artabano doveva. A te l'affetto,
 l'odio a me conveniva. Io l'interesse
1080d'una tenera amante
 non dovevo ascoltar. Ma tu dovevi
 di giudice il rigor porre in oblio.
 Questo era il tuo dover, questo era il mio.
 
    Va' tra le selve ircane
1085barbaro genitore.
 Fiera di te peggiore,
 mostro peggior non v'è.
 
    Quanto di reo produce
 l'Africa al sol vicina,
1090l'inospita marina
 tutto s'aduna in te.