Artaserse, Torino, Reale, 1757

 SCENA III
 
 ARTABANO, poi ARTASERSE e MEGABISE con guardie
 
 ARTABANO
 Coraggio o miei pensieri. Il primo passo
 v'obbliga agli altri; il trattener la mano
 su la metà del colpo
140è un farsi reo senza sperarne il frutto.
 Tutto si versi, tutto
 fino all'ultima stilla il regio sangue.
 Né vi sgomenti un vano
 stimolo di virtù; di lode indegno
145non è, come altri crede, un grande eccesso;
 contrastar con sé stesso,
 resistere a' rimorsi, in mezzo a tanti
 oggetti di timor serbarsi invitto
 son virtù necessarie a un gran delitto.
150Ecco il principe; all'arte.
 Qual'insolite voci!
 Qual tumulto!... Ah signor, tu in questo luogo
 prima del dì? Chi ti destò nel seno
 quell'ira che lampeggia in mezzo al pianto?
 ARTASERSE
155Caro Artabano, oh quanto
 necessario mi sei! Consiglio, aiuto,
 vendetta, fedeltà.
 ARTABANO
                                   Principe, io tremo
 al confuso comando;
 spiegati meglio.
 ARTASERSE
                                Oh dio!
160Svenato il padre mio
 giace colà su le tradite piume.
 ARTABANO
 Come!
 ARTASERSE
                Nol so; di questa
 notte funesta infra i silenzi e l'ombre
 assicurò la colpa un'alma ingrata.
 ARTABANO
165Oh insana, oh scellerata
 sete di regno! E qual pietà, qual santo
 vincolo di natura è mai bastante
 a frenar le tue furie?
 ARTASERSE
                                         Amico, intendo.
 È l'infedel germano,
170è Dario il reo.
 ARTABANO
                            Chi mai potea la reggia
 notturno penetrar? Chi avvicinarsi
 al talamo real? Gli antichi sdegni,
 il suo torbido genio avido tanto
 dello scettro paterno... Ah ch'io prevedo
175in periglio i tuoi giorni.
 Guardati per pietà. Serve di grado
 un eccesso talvolta a un altro eccesso.
 Vendica il padre tuo, salva te stesso.
 ARTASERSE
 Ah! Se v'è alcun che senta
180pietà d'un re trafitto,
 orror del gran delitto,
 amicizia per me, vada, punisca
 il parricida, il traditor.
 ARTABANO
                                            Custodi,
 vi parla in Artaserse
185un prence, un figlio e se volete in lui
 vi parla il vostro re. Compite il cenno;
 punite il reo. Son vostro duce; io stesso
 reggerò l'ire vostre, i vostri sdegni.
 (Favorisce fortuna i miei disegni).
 ARTASERSE
190Ferma, ove corri? Ascolta;
 chi sa che la vendetta
 non turbi il genitor più che l'offesa?
 Dario è figlio di Serse.
 ARTABANO
                                            Empio sarebbe
 un pietoso consiglio;
195chi uccise il genitor non è più figlio.
 
    Su le sponde del torbido Lete,
 mentre aspetta riposo e vendetta,
 freme l'ombra d'un padre e d'un re.
 
    Fiera in volto la miro, l'ascolto
200che t'addita l'aperta ferita
 in quel seno che vita ti diè. (Parte)