Didone abbandonata, Parigi, Quillau, 1755, II

 SCENA XVII
 
 DIDONE ed ENEA
 
 DIDONE
 Enea, salvo già sei
 dalla crudel ferita.
 Per me serban gli dei sì bella vita.
 ENEA
 Oh dio regina!
 DIDONE
                              Ancora
460forse della mia fede incerto stai?
 ENEA
 No. Più funeste assai
 son le sventure mie. Vuole il destino...
 DIDONE
 M'abbandoni! Perché?
 ENEA
                                            Di Giove il cenno,
 l'ombra del genitor, la patria, il cielo,
465la promessa, il dover, l'onor, la fama
 alle sponde d'Italia oggi mi chiama.
 La mia lunga dimora
 purtroppo degli dei mosse lo sdegno.
 DIDONE
 E così fin ad ora
470perfido mi celasti il tuo disegno?
 ENEA
 Fu pietà.
 DIDONE
                    Che pietà? Mendace il labbro
 fedeltà mi giurava;
 e intanto il cor pensava
 come lunge da me volgere il piede!
475A chi, misera me! darò più fede?
 Vil rifiuto dell'onde
 io l'accolgo dal lido; io lo ristoro
 dalle ingiurie del mar; le navi e l'armi
 già disperse io gli rendo; e gli do loco
480nel mio cor, nel mio regno; e questo è poco.
 Di cento re per lui,
 ricusando l'amor, gli sdegni irrito.
 Ecco poi la mercede.
 A chi, misera me! darò più fede?
 ENEA
485Finch'io viva, o Didone,
 dolce memoria al mio pensier sarai;
 né partirei giammai,
 se per voler de' numi io non dovessi
 consacrare il mio affanno
490all'impero latino.
 DIDONE
 Veramente non hanno
 altra cura gli dei che 'l tuo destino.
 ENEA
 Io resterò, se vuoi
 che si renda spergiuro un infelice.
 DIDONE
495No; sarei debitrice
 dell'impero del mondo a' figli tuoi.
 Va' pur; siegui il tuo fato;
 cerca d'Italia il regno; all'onde, ai venti
 confida pur la speme tua; ma senti.
500Farà quell'onde istesse
 delle vendette mie ministre il cielo;
 e tardi allor pentito
 d'aver creduto all'elemento insano,
 richiamerai la tua Didone invano.
 ENEA
505Se mi vedessi il core...
 DIDONE
 Lasciami, traditore.
 ENEA
 Almen dal labbro mio
 con volto meno irato
 prendi l'ultimo addio.
 DIDONE
                                           Lasciami, ingrato.
 ENEA
510E pur con tanto sdegno
 non hai ragion di condannarmi.
 DIDONE
                                                            Indegno!
 
    Non ha ragione, ingrato,
 un core abbandonato
 da chi giurogli fé?
 
515   Anime innamorate,
 se lo provaste mai,
 ditelo voi per me.
 
    Perfido! Tu lo sai
 se in premio un tradimento
520io meritai da te.
 
    E qual sarà tormento,
 anime innamorate,
 se questo mio non è? (Parte)