Didone abbandonata, Parigi, Quillau, 1755, II

 SCENA XI
 
 Gabinetto con sedie.
 
 DIDONE, poi ENEA
 
 DIDONE
 Incerta del mio fato
 io più viver non voglio; è tempo omai
 che per l'ultima volta Enea si tenti.
850Se dirgli i miei tormenti,
 se la pietà non giova,
 faccia la gelosia l'ultima prova.
 ENEA
 Ad ascoltar di nuovo
 i rimproveri tuoi vengo, o regina.
855So che vuoi dirmi ingrato,
 perfido, mancator, spergiuro, indegno;
 chiamami come vuoi, sfoga il tuo sdegno.
 DIDONE
 No, sdegnata io non sono. Infido, ingrato,
 perfido, mancator più non ti chiamo;
860rammentarti non bramo i nostri ardori;
 da te chiedo consigli e non amori.
 Siedi. (Siedono)
 ENEA
                (Che mai dirà!)
 DIDONE
                                               Già vedi, Enea,
 che fra' nemici è il mio nascente impero.
 Sprezzai finora, è vero,
865le minaccie e 'l furor; ma Iarba offeso,
 quando priva sarò del tuo sostegno,
 mi torrà per vendetta e vita e regno.
 In così dubbia sorte
 ogni rimedio è vano;
870deggio incontrar la morte,
 o al superbo african porger la mano.
 L'un e l'altro mi spiace e son confusa.
 Alfin femmina e sola,
 lungi dal patrio ciel perdo il coraggio;
875e non è meraviglia
 s'io risolver non so; tu mi consiglia.
 ENEA
 Dunque fuor che la morte
 o il funesto imeneo,
 trovar non si potria scampo migliore?
 DIDONE
880V'era purtroppo.
 ENEA
                                  E quale?
 DIDONE
 Se non sdegnava Enea d'esser mio sposo,
 l'Africa avrei veduta
 dall'arabico seno al mar d'Atlante
 in Cartago adorar la sua regnante.
885E di Troia e di Tiro
 rinnovar si potea... Ma che ragiono?
 L'impossibil mi fingo e folle io sono.
 Dimmi, che far degg'io? Con alma forte,
 come vuoi sceglierò Iarba o la morte.
 ENEA
890Iarba o la morte! E consigliarti io deggio?
 Colei che tanto adoro
 all'odiato rival vedere in braccio?
 Colei...
 DIDONE
                Se tanta pena
 trovi nelle mie nozze, io le ricuso;
895ma per tormi agl'insulti
 necessario è il morir. Stringi quel brando,
 svena la tua fedele;
 è pietà con Didone esser crudele.
 ENEA
 Ch'io ti sveni! Ah più tosto
900cada sopra di me del ciel lo sdegno.
 Prima scemin gli dei,
 per accrescer tuoi giorni, i giorni miei.
 DIDONE
 Dunque a Iarba mi dono. Olà. (Esce un paggio)
 ENEA
                                                          Deh ferma;
 troppo, oh dio! per mia pena
905sollecita tu sei.
 DIDONE
                              Dunque mi svena.
 ENEA
 No, si ceda al destino; a Iarba stendi
 la tua destra real; di pace priva
 resti l'alma d'Enea, purché tu viva.
 DIDONE
 Giacché d'altri mi brami,
910appagarti saprò. Iarba si chiami. (Il paggio parte)
 Vedi quanto son io
 ubbidiente a te.
 ENEA
                                Regina, addio. (S’alzano)
 DIDONE
 Dove, dove? T'arresta.
 Del felice imeneo
915ti voglio spettatore.
 (Resister non potrà).
 ENEA
                                         (Costanza, o core!)