Didone abbandonata, Torino, Reale, 1757, I

 SCENA III
 
 SELENE e detti
 
 SELENE
                      Chi sciolse,
 barbaro, i lacci tuoi? Tu non rispondi?
 Dell'offesa reina il giusto impero
 qual folle ardire a disprezzar t'ha mosso?
 Parla, Araspe, per lui.
 ARASPE
                                          Parlar non posso.
 SELENE
645Parlar non puoi! (Pavento
 di nuovo tradimento). E qual arcano
 si nasconde a Selene?
 Perché taci così? (Ad Araspe)
 ARASPE
                                  Tacer conviene.
 IARBA
 Senti. Voglio appagarti.
650Vado apprendendo l'arti (A Selene)
 che deve posseder chi s'innamora;
 nella scuola d'amor son rozzo ancora.
 SELENE
 L'arte di farsi amare
 come apprender mai può chi serba in seno
655sì arroganti costumi e sì scortesi?
 IARBA
 Solo a farmi temer sinora appresi.
 SELENE
 E né pur questo sai; quell'empio core
 odio mi desta in seno e non paura.
 IARBA
 La debolezza tua ti fa sicura.
 
660   Leon, ch'errando vada
 per la natia contrada,
 se un agnellin rimira,
 non si commove all'ira
 nel generoso cor.
 
665   Ma se venir si vede
 orrida tigre in faccia,
 l'assale e la minaccia,
 perché sol quella crede
 degna del suo furor. (Parte)