Achille in Sciro, Vienna, van Ghelen, 1736
ACHILLE IN SCIRO | |
Dramma per musica da rappresentarsi nel gran teatro dell’imperial corte, per comando della sacra cesarea e cattolica real maestà di Carlo VI, imperadore de’ Romani sempre augusto, in occasione delle felicissime nozze de’ serenissimi principi Maria Teresa, arciduchessa d’Austria, e Francesco III, duca di Lorena, l’anno MDCCXXXVI. | |
La poesia è del signor abbate Pietro Metastasio, poeta di sua maestà cesarea e cattolica. La musica è del signor Antonio Caldara, vicemaestro di capella di sua maestà cesarea e cattolica. | |
Vienna d’Austria, appresso Giovanni Pietro van Ghelen, stampatore di corte di sua maestà cesarea e regia cattolica. | |
ARGOMENTO | |
È per antica fama assai noto che bramosi di vendicar con la distruzzione di Troia la comune ingiuria, sofferta nel rapimento d’Elena, unirono già le forze loro tutti i principi della Grecia. Intanto che la formidabile armata si raccogliea, cominciò a spargersi fra le adunate schiere una predizione: che mai non avrebbero espugnata la nemica città, se non conducevano a questa impresa il giovanetto Achille, figliuolo di Teti e di Peleo; e prese a poco a poco tanto vigore questa credenza nell’animo de’ superstiziosi guerrieri, che ad onta de’ loro duci, risolutamente niegavano di partir senza Achille. Seppelo Tetide; e temendo della vita del figlio, se fosse trasportato fra l’armi, stabilì di nasconderlo alle ricerche de’ Greci. Corse perciò in Tessaglia, dove sotto la cura dell’antico Chirone educavasi Achille, e trattolo seco lo rivestì nascostamente d’abiti feminili; consegnollo ad un suo confidente; imposegli che condur lo dovesse nell’isola di Sciro, sede reale di Licomede, e che ivi sotto nome di Pirra, come propria sua figlia, celatamente lo custodisse. Eseguì l’accorto servo esattamente il comando; andò con sì gran pegno in Sciro, cambiò per esser più sconosciuto il proprio vero nome in quel di Nearco; e sì destramente s’introdusse in quella corte, che ottennero in breve onorato luogo egli fra’ ministri reali e la mentita Pirra fra le ancelle della principessa Deidamia, figliuola di Licomede. Col favore delle finte spoglie, potendo Achille ammirar sì dappresso gl’innumerabili pregi della bella Deidamia, se ne invaghì, non seppe nascondersi a lei; trovò corrispondenza e s’accesero entrambi d’uno scambievole ardentissimo amore. Se ne avvide per tempo il vigilante Nearco ed invece d’opporsi a’ loro nascenti affetti, usò tutte l’arti per fomentargli, promettendosi nell’innamorata principessa un soccorso a raffrenar l’impazienze d’Achille, il quale, non sapendo reprimere gl’impeti feroci dell’indole sua bellicosa, sdegnava come ceppi insoffribili i molli feminili ornamenti; ed al balenar d’una spada, al risuonar d’una tromba o al solo udirne parlare, già tutto fuor di sé stesso, minacciava di palesarsi. E l’avrebbe anche fatto se l’attenta Deidamia, timorosa di perderlo non avesse procurato di temperarlo. Or mentre questa cura costava a lei tanta pena, seppesi nell’armata de’ Greci dove ed in qual abito Achille si nascondeva o dubitossene almeno. Si concluse perciò fra questi d’inviare a Licomede un accorto ambasciadore, il quale col pretesto di chieder a nome loro e navi e guerrieri per l’assedio troiano, procurasse accertarsi se colà fosse Achille e seco per qualunque mezzo il conducesse. Fu destinato Ulisse come il più destro d’ogn’altro ad eseguir sì gelosa commissione. Andovvi egli ed approdò su le marine di Sciro in un giorno appunto in cui colà celebravansi le solenni feste di Bacco. La sorte gli offerse al primo arrivo indizi bastanti, onde incaminare le sue ricerche. Se ne prevalse. Sospettò che in Pirra si nascondesse Achille; inventò pruove per assicurarsene; fece nascere l’occasione di parlar seco, ad onta della gelosa custodia di Nearco e Deidamia; e ponendo allora in uso tutta la sua artificiosa eloquenza lo persuase a partirsi. Ne fu avvertita la principessa e corse ad impedirlo; onde ritrovossi Achille in crudelissime angustie fra Deidamia ed Ulisse. Adoprava uno i più acuti stimoli di gloria per trarlo seco; impiegava l’altra le più efficaci tenerezze d’amore per trattenerlo; ed egli assalito in un tempo medesimo da due così violenti passioni ondeggiava irresoluto nel tormentoso contrasto. Ma il saggio re lo compose, il quale di tutto fra questi tumulti informato, consente il richiesto eroe all’istanze d’Ulisse; concede la real principessa alle dimande d’Achille; e prescrivendo a lui con qual prudente vicenda debbano secondarsi fra loro e le tenere cure e le guerriere fatiche, mette d’accordo nell’animo suo combattuto e la gloria e l’amore. | |
Incontrasi questo fatto presso che in tutti gli antichi e moderni poeti; ma essendo essi tanto discordi fra loro nelle circostanze, noi senza attenerci più all’uno che all’altro abbiam tolto da ciascheduno ciò che meglio alla condotta della nostra favola è convenuto. | |
Il luogo dell’azione è la reggia di Licomede nell’isola di Sciro. | |
ATTORI | |
LICOMEDE re di Sciro | |
ACHILLE in abito feminile sotto nome di Pirra, amante di Deidamia | |
DEIDAMIA figliuola di Licomede, amante d’Achille | |
ULISSE ambasciador de’ Greci | |
TEAGENE principe di Calcide destinato sposo di Deidamia | |
NEARCO custode d’Achille | |
ARCADE confidente d’Ulisse | |
Coro di baccanti, coro di cantori | |
Nella machina | |
LA GLORIA | |
L’AMORE | |
IL TEMPO | |
Coro di loro seguaci | |
Comparse: guardie reali, paggi con Licomede; guerrieri, nobili, marinari con Ulisse; baccanti, damigelle, paggi con Deidamia; nobili, paggi con Teagene; custodi del tempio | |
MUTAZIONI | |
Nell’atto primo: | |
Aspetto esteriore di magnifico tempio dedicato a Bacco, donde si discende per due spaziose scale divise in diversi piani. È il tempio suddetto circondato da portici che prolungandosi da entrambi i lati, formano il recinto d’una vastissima piazza. Fra le distanze che lasciano fra loro le numerose colonne de’ portici medesimi, scuopresi dal destro lato il bosco sacro alla dietà suddetta e dal sinistro la marina di Sciro, dove poi approderanno alcune navi. | |
Appartamenti di Deidamia. | |
Deliziosa nella reggia di Licomede. | |
Nell’atto secondo: | |
Logge terrene adornate di statue, rappresentanti varie imprese d’Ercole. | |
Gran sala illuminata in tempo di notte, corrispondente a diversi appartamenti parimente illuminati. Tavola nel mezzo, credenze all’intorno, logge nell’alto ripiene di musici e spettatori. | |
Nell’atto terzo: | |
Portici della reggia corrispondenti al mare. Navi poco lontane dalla riva. | |
Reggia. | |
Nel fine: | |
Denso globo di nuvole che scendendo dall’alto ingombra prima dilatandosi gran parte della reggia e scuopre poi agli spettatori il luminoso tempio della Gloria. | |
Le suddette scene e machina furono rara invenzione del signor Giuseppe Galli Bibiena, primo ingegnere teatrale e architetto di sua maestà cesarea e cattolica, e del signor Antonio, suo fratello, secondo ingegnere teatrale di sua maestà cesarea e cattolica. | |
BALLI | |
Nell’atto primo in principio di baccanti, infine di giardinieri e marinari. | |
Nell’atto secondo di nobili greci. | |
Nell’atto terzo d’eroi. | |
Li suddetti balli furono vagamente concertati dal signor Alessandro Phillibois, maestro di ballo di sua maestà cesarea e cattolica, con l’arie per li suddetti balli del del signor Niccola Matteis, direttore della musica instrumentale di sua maestà cesarea e cattolica. | |