La clemenza di Tito, Vienna, van Ghelen, 1734

 LA CLEMENZA DI TITO
 
 
    Dramma per musica da rappresentarsi nella cesarea corte per il nome gloriosissimo della sacra cesarea e cattolica real maestà di Carlo VI, imperadore de’ Romani sempre augusto, per comando della sacra cesarea e cattolica real maestà di Elisabetta Cristina, imperadrice regnante, l’anno MDCCXXXIV.
    La poesia è del signor abbate Pietro Metastasio, poeta di sua maestà cesarea e cattolica. La musica è del signor Antonio Caldara, vicemaestro di capella di sua maestà cesarea e cattolica.
    Vienna d’Austria, appresso Giovanni Pietro van Ghelen, stampatore di corte di sua maestà cesarea e cattolica.
 
 
 ARGOMENTO
 
    Per consenso di quasi tutti gli storici, non ha conosciuto l’antichità né migliore né più amato principe di Tito Vespasiano. Il concorso delle più rare doti dell’animo e de’ più amabili pregi del corpo, che si ammiravano in lui, ma soprattutto la naturale inclinazione alla clemenza, suo particolar carattere, lo resero universalmente sì caro, che fu chiamato «la delizia del genere umano». Non bastò tutto questo ad assicurarlo dalle insidie dell’infedeltà. Ritrovossi chi poté pensare a tradirlo; e ritrovossi fra’ suoi più cari. Due giovani patrizi, uno de’ quali egli teneramente amava e ricolmava ogni giorno di nuovi benefici, cospirarono contro di lui. Si scoperse la trama; ne furono convinti i colpevoli, e per decreto del Senato condannati a morire. Ma il clementissimo principe, contento d’averli paternamente ripresi, concesse, non meno ad essi che a’ lor seguaci, un pieno e generoso perdono (Suetonius Tranquillus, Aurelius Victor, Dione, Zonara, eccetera).
    Il luogo dell’azione è quella parte del colle Palatino che confina col Foro romano.
 
 
 INTERLOCUTORI
 
 TITO VESPASIANO imperador di Roma
 VITELLIA figlia dell’imperador Vitellio
 SERVILIA sorella di Sesto, amante d’Annio
 SESTO amico di Tito, amante di Vitellia
 ANNIO amico di Sesto, amante di Servilia
 PUBLIO prefetto del Pretorio
 
 Coro di senatori e popolo
 
    Comparse di senatori, di patrizi romani, di legati delle provincie tributarie dell’imperio romano, di soldati pretoriani, di littori, di paggi
 
 
 MUTAZIONI DI SCENE
 
    Nell’atto primo: logge a vista del Tevere negli appartamenti di Vitellia; innanzi atrio del tempio di Giove Statore, luogo già celebre per le adunanze del Senato, indietro parte del Foro romano, magnificamente adornato d’archi, obelischi e trofei, da’ lati vedute in lontano del monte Palatino e d’un gran tratto della via Sacra, in faccia aspetto esteriore del Campidoglio e spaziosa strada per cui vi si ascende; ritiro delizioso nel soggiorno imperiale sul colle Palatino.
    Nell’atto secondo: portici; galleria terrena adornata di statue, corrispondente a giardini.
    Nell’atto terzo: camera chiusa con porte, sedia e tavolino da un lato con sopra da scrivere; luogo magnifico che introduce a vastissimo anfiteatro di cui per diversi archi scuopresi la parte interna.
    Le scene furono rara invenzione del signor Giuseppe Galli Bibiena, primo ingegnere teatrale e architetto di sua maestà cesarea e cattolica, e del signor Antonio Galli Bibiena, suo fratello, secondo ingegnere teatrale di sua maestà cesarea e cattolica.
 
 
 BALLI
 
    Nel fine dell’atto primo: ballo di pantomimi che concertano fra loro la rappresentazione dell’Aulularia di Plauto.
    Nel fine dell’atto secondo: ballo di greci scultori.
    Nel fine dell’atto terzo: ballo di nobili stranieri, complici della congiura, condannati alle fiere dal Senato ed assoluti da Tito.
    Li suddetti balli furono vagamente concertati dal signor Alessandro Phillibois, maestro di ballo di sua maestà cesarea e cattolica, con l’arie per li suddetti balli del signor Niccola Matteis, direttore della musica instrumentale di sua maestà cesarea e cattolica.