Romolo ed Ersilia, Parigi, Hérissant, 1781

 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
  Logge interne nella reggia, dalle quali veduta della porta Carmentale e della rupe Tarpea.
 
 ERSILIA
 
 ERSILIA
 Purtroppo è ver; non giova
 più celare a me stessa
400la debolezza mia, no, più non sono
 l'austera Ersilia. È il primo
 Romolo ognor de' miei pensieri; ognora
 mi trovo, e non so come,
 fra le labbra il suo nome. A me di lui
405se alcun parla improvviso,
 sento avvamparmi in viso; ov'ei s'appressi,
 mi turbo, impallidisco,
 mi confondo, ammutisco e dubbio in seno
 tra l'affanno e il piacer mi balza il core.
410Se questo amor non è, che cosa è amore?
 Già che sì mal finora
 ti difendesti, Ersilia,
 non cimentarti più. Fuggi e fuggendo
 serba almen la tua gloria,
415che la fuga in amor pure è vittoria.
 
 SCENA II
 
 CURZIO e detta
 
 CURZIO
 Figlia, Ersilia.
 ERSILIA
                             Ah signor, possiam la nostra
 partenza anticipar? Teco son io,
 se vieni ad affrettarmi.
 CURZIO
                                             Ad avvertirti
 d'un nuovo tuo periglio
420per ora io vengo. È in Roma
 de' Ceninesi il prence. Io gli parlai.
 Che partiva asserì; ma in questo istante
 io da lungi or rividi
 il mentitor che alle tue stanze intorno
425furtivo ancor s'aggira. Ah qualche indegno
 colpo ei matura. Il folle t'ama; è punto
 dal mio rifiuto; è violento; e solo
 le temerarie imprese
 belle sembrano a lui; guardati.
 ERSILIA
                                                          Ah dunque
430a che più rimaner? Partasi.
 CURZIO
                                                    Il tempo
 ancor non è. Pochi momenti ancora
 tollera in pace.
 ERSILIA
                              In Roma
 non v'è pace per me; questo soggiorno
 più non posso soffrir. Toglimi, o padre,
435toglimi a tanta pena. A questi oggetti
 fa' ch'io m'involi e fa' ch'io possa alfine
 respirar le tranquille aure sabine.
 CURZIO
 Oh come, amata figlia,
 cotesta m'innamora
440impazienza tua! Risplende in essa
 la sabina virtù. Calmati; io spero
 tornar fra poco a liberarti. Intanto
 il pensier ti consoli
 che tu puoi di te stessa
445compiacerti a ragion. Venga e da questa
 a rispettare ogni altra figlia impari
 la patria, il padre, a trionfar de' rischi
 del sesso e dell'età, fra le amorose
 lusinghe insidiose
450libero a conservar del core il regno.
 Oh mia speme! Oh mia gloria! Oh mio sostegno!
 
    Nel pensar che padre io sono
 di tal figlia, avversi dei,
 l'ingiustizie io vi perdono
455d'ogni vostra crudeltà.
 
    Frema pur funesto e nero
 il destino a' danni miei;
 sempre l'alma in tal pensiero
 la sua calma troverà. (Parte)
 
 SCENA III
 
 ERSILIA sola
 
 ERSILIA
460Dove m'ascondo! Ah queste
 mal meritate lodi all'alma mia
 son rimproveri acerbi. Ersilia, e soffri
 che un genitore ammiri
 la virtù che non hai? Che a questo segno
465t'applaudisca, t'onori,
 t'ami ingannato? E di rossor non mori?
 Né tua ragion si scuote
 agli elogi paterni? E a meritarli
 non ti senti valor! L'avrei fuggendo;
470ma di Romolo a fronte,
 oh dio, non m'assicuro;
 per prova io so quanto il cimento è duro. (Siede)
 Dunque sarà l'amarlo
 per me necessità? Dunque a me sola
475dell'arbitrio natio sarà dal cielo
 la libertà negata? Ah no. Ripiglia,
 Ersilia, il fren de' contumaci affetti
 che incauta abbandonasti. Una verace
 risoluta virtù non trova impresa
480impossibile a lei. Sì, non pavento
 già qualunque cimento; anzi più grande
 fa più bello il trionfo. I miei finora
 mal sofferti deliri ecco abbandono,
 del mio voler signora
485esser deggio, lo posso, il voglio e sono.
 Dov'è Romolo, Ostilio? (Si alza risoluta)
 
 SCENA IV
 
 ERSILIA, OSTILIO, indi VALERIA
 
 OSTILIO
                                             Or dal Senato
 torna a' soggiorni suoi.
 ERSILIA
                                            Sarà permesso
 a me vederlo?
 OSTILIO
                             A te! Perdona; è ingrata
 la tua dubbiezza.
 ERSILIA
                                  Io voglio
490seco parlar.
 OSTILIO
                        Potrebbe
 forse Roma sperarti
 fausta a' suoi voti e grata
 Romolo all'amor suo?
 ERSILIA
                                          Non nacque Ersilia
 per Roma né per lui. Ma se pur vero,
495come asseristi, è che dal mio dipende
 di Romolo il volere, oggi regina
 sarà la tua Valeria.
 OSTILIO
                                     Ah dunque...
 ERSILIA
                                                               Amica, (A Valeria che esce)
 se mi secondan gli astri, un regio serto
 ad apprestarti io vado.
 VALERIA
                                            A me?
 ERSILIA
                                                           Sì. Mia
500di così bel pensiero
 non è la gloria; al generoso Ostilio
 debitrice ne sono. Egli una degna
 sposa del re di Roma
 in te propone; io con ragion l'ammiro
505e ad emularlo ambiziosa aspiro.
 VALERIA
 Grata io vi son; ma voi
 disponete di me quando non posso
 di me disporre io stessa. Amo, il sapete,
 uno sposo infedele; e in me divenne
510l'amor necessità.
 ERSILIA
                                  Comun pretesto
 dell'altrui debolezza. Eh miglior uso
 facciam del nostro arbitrio; o almen, se tanto
 d'abbandonar ne incresce un laccio amato,
 non accusiam di nostra colpa il fato.
 
515   Con le stelle invan s'adira
 chi s'affanna, chi sospira
 volontario prigionier.
 
    Il lagnarsi a lui che giova,
 se non cerca, se non trova
520che ne' lacci il suo piacer? (Parte)
 
 SCENA V
 
 OSTILIO e VALERIA
 
 VALERIA
 Io nulla intendo, Ostilio; Ersilia amante
 di Romolo credei; convinta a prova
 or son che m'ingannai. D'aver mi parve
 nel tuo cor qualche parte; or certa io sono
525che solo tu per gioco
 m'adulasti finora amor fingendo.
 Ostilio, lo confesso, io nulla intendo.
 OSTILIO
 Credendo Ersilia amante, io non saprei
 se t'apponesti al ver. So ben ch'io t'amo
530quanto amar mai si possa e so che amarti
 sempre così vogl'io.
 VALERIA
                                       Ma tua regina
 come dunque mi brami?
 OSTILIO
                                                In che s'oppone
 il trono all'amor mio? L'amor ch'io sento
 di tempra assai diversa
535è dall'amor d'ogni volgare amante.
 Ammirator costante
 sempre di tua virtù, sempre geloso
 del tuo real decoro,
 sempre t'adorerò come or t'adoro.
 VALERIA
540Taci, Ostilio, e risparmia
 i rimorsi al mio cor d'esserti ingrata.
 Qual alma innamorata
 vantar si può di somigliarti? Ah sappi
 almen ch'io ti conosco e che, se fosse
545indissolubil meno
 il laccio in cui languisco, il nobil dono
 d'un tal core ambirei più che d'un trono.
 
    Ah perché, quando appresi
 a sospirar d'amore,
550in altro ardor m'accesi,
 non sospirai per te!
 
    Perché d'un primo foco
 sa giudicar sì poco,
 sì mal distingue un core
555la fiamma sua qual è? (Parte)
 
 SCENA VI
 
 OSTILIO solo
 
 OSTILIO
 No, lusinga non è; già più che grata
 è a me Valeria. Ai dolci suoi pensieri
 già i puri affetti miei non son stranieri.
 Oh certezza! Oh contento! In sì felici
560trasporti di piacer quest'alma impara
 che in amor non si dà mercé più cara.
 
    Se talun non sa qual sia
 il piacer dell'alma mia,
 è ben degno di pietà.
 
565   Saran brevi i suoi contenti,
 se a tal segno ignote a lui
 son le limpide sorgenti
 della mia felicità. (Parte)
 
 SCENA VII
 
  Gabinetti, viali coperti ed altri edifici di verdure, tutti imitanti architettura, su la falda del Palatino.
 
 ROMOLO, poi ACRONTE
 
 ROMOLO
 No, d'Ersilia l'affanno
570non è tutto rigor. Vidi in quel volto,
 da quel labbro ascoltai...
 Romolo! E come mai
 fra le minacce ostili, in mezzo a tante
 cure d'un nuovo impero ha nel tuo petto
575pur trovato ricetto
 l'amor così! Tal debolezza... Ah sempre
 debolezza non è. Cangia natura
 allor che amor con la ragion congiura.
 Quel che ad Ersilia in fronte
580io veggo scintillar de' miei pensieri
 astro regolator cosa mortale
 certo non è. La sua virtù, l'antico
 splendor degli avi suoi, l'util del regno,
 il voto popolar... Ma quale ascolto
585strepito d'armi! Olà. (Verso la scena)
 ACRONTE
                                         No, questo acciaro
 non è facil trofeo. (Dentro)
 ROMOLO
                                    Contro un romano
 i miei custodi!
 ACRONTE
                              Avversi dei! (Nell’uscir difendendosi gli cade la spada)
 ROMOLO
                                                       Fermate,
 miei fidi. Ah non si opprima
 chi difesa non ha. Stelle! M'inganno?
590Acronte tu non sei?
 ACRONTE
                                      Lo sono. (Con alterigia)
 ROMOLO
                                                        In Roma!
 Ne' miei soggiorni! In finte spoglie! E quale
 è il tuo disegno?
 ACRONTE
                                 A te ragion non rendo
 dell'opre mie. (Come sopra)
 ROMOLO
                              Fuor di stagione, Acronte,
 ostenti ardir. Pensa ove sei.
 ACRONTE
                                                     Son meco
595sempre, dovunque io sia.
 ROMOLO
 Ma il valore è follia,
 prence, nel caso tuo. Parla. Fu il vano
 amor che hai per Ersilia o fu l'antico
 odio per me che t'acciecò?
 ACRONTE
                                                  Risparmia,
600Romolo, le richieste; io qui non venni
 per appagarti. Usa i tuoi dritti. A tutto
 mi troverai determinato e forte.
 So qual saria la sorte
 che a te destinerei,
605se fossi tu dove ridotto io sono
 dagli avversi al valor fati inclementi,
 e argomento la mia.
 ROMOLO
                                       Male argomenti.
 Littori, olà; de' Ceninesi al prence
 il suo ferro si renda. E voi, guerrieri,
610delle romane mura oltre il recinto
 conducetelo illeso.
 ACRONTE
                                    A me la spada!
 ROMOLO
 Sì, prendila; e, se puoi, racquista in campo
 ciò che in Roma perdesti.
 ACRONTE
                                                 Assai costarti
 l'imprudenza potrebbe. Una vendetta
615per fasto trascurar, come tu fai,
 Romolo, t'avvedrai
 che da saggio non è.
 ROMOLO
 Io vendetta! E di che? Folle, ti scuso;
 amante, ti compiango;
620nemico, non ti curo; e a frodi avvezzo,
 se insidiator venisti, io ti disprezzo.
 ACRONTE
 
    Sprezzami pur per ora,
 ostenta pur coraggio;
 presto a cangiar linguaggio
625forse t'insegnerò.
 
    Lontan dal Campidoglio
 vedrem se in campo ancora
 m'insulterà l'orgoglio
 che in Roma m'insultò. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 ROMOLO ed ERSILIA
 
 ERSILIA
630(Eccolo. La vittoria
 è tempo di compir). (S’incammina e s’arresta)
 ROMOLO
                                         (Strano portento
 quel coraggio è per me).
 ERSILIA
                                               (Numi, qual sorte
 d'incanto è questo! Appresso a lui di nuovo
 comincio a palpitar).
 ROMOLO
                                         (Come può mai
635in un'alma albergar tanto valore
 con sì poca virtù!)
 ERSILIA
                                    (No, non t'arresti
 questo palpito, Ersilia. In ogni assalto
 al guerrier più sicuro
 sembra il passo primier sempre il più duro).
640Signor, per brevi istanti (S’avanza con franchezza)
 chiedo che tu m'ascolti.
 ROMOLO
                                             È ver? Non sogno?
 La dolce cura mia,
 l'unico mio pensier, la bella Ersilia
 viene in traccia di me!
 ERSILIA
                                            Dunque ascoltarmi, (Seria)
645Romolo, tu non vuoi.
 ROMOLO
                                         Perché?
 ERSILIA
                                                          Lo sai, (Seria)
 quel linguaggio m'offende.
 ROMOLO
                                                   A mio dispetto
 vien su le labbra il cor.
 ERSILIA
                                            Se vuoi ch'io resti,
 non far uso di questi
 teneri accenti e non dir mai che m'ami.
 ROMOLO
650(E pur non m'odia). Ubbidirò. Che brami?
 ERSILIA
 Ad implorare io vengo
 grazie da te.
 ROMOLO
                          Tu da me grazie! Ah dunque
 ignori ancor che dal felice istante,
 che prima io t'ammirai, l'impero avesti
655del mio cor, del mio soglio,
 di tutti... Ah no; disubbidir non voglio.
 ERSILIA
 (Costanza, Ersilia. A lui
 si proponga Valeria).
 ROMOLO
                                         E ben, che chiedi?
 ERSILIA
 Che di mia mano accetti,
660Romolo, un'altra sposa.
 ROMOLO
                                             Io! (Con sorpresa)
 ERSILIA
                                                     Sì. L'amica
 Valeria io t'offro.
 ROMOLO
                                  A me? (Turbato)
 ERSILIA
                                                 Valeria è degna,
 il sai, d'essere amata.
 ROMOLO
 E a questo segno, ingrata, (Con passione di sdegno e di tenerezza)
 insulti all'amor mio! Questa mercede
665meritò la mia fede, il mio rispetto,
 il mio candor, la mia costanza! E come
 lacerar puoi così, barbara, un core
 dove impressa tu sei, dove tu sempre,
 così barbara ancor, sarai regina?
 ERSILIA
670(Ah non lasciarmi, austerità sabina!)
 ROMOLO
 Offrirmi un'altra sposa! E non bastava
 per opprimermi, oh dei, la tua freddezza,
 l'indifferenza tua? Schernirmi ancora!
 Disprezzarmi così! Ridurre a questo
675eccesso di tormento
 chi non vive che in te!
 ERSILIA
                                           (Morir mi sento).
 ROMOLO
 Semplice! Ed io pur dianzi
 dell'amor tuo mi lusingai. Quei detti
 tronchi e confusi, il variar d'aspetto,
680l'involontario pianto
 tutto mi parve un amoroso affanno.
 Che inganno, Ersilia! (Con tenerezza)
 ERSILIA
                                           Ah non è stato inganno! (Come sopra)
 ROMOLO
 Come! Non m'ingannai? (Con sorpresa di piacere)
 ERSILIA
 (Numi, che dissi mai!)
 ROMOLO
                                             Bella mia fiamma, (Con impeto d’affetto)
685dunque è ver, dunque m'ami?
 ERSILIA
 Taci; non trionfar.
 ROMOLO
                                    Ma come amante
 potesti offrirmi un'altra sposa?
 ERSILIA
                                                           Oh dio,
 non trafiggermi più. Se tu vedermi
 potessi il cor, se tu saper potessi
690quanto han costato a lui
 le mendicate offerte, armi impotenti
 del mio rigor che tu credesti oltraggi,
 se a spiegarti io giungessi
 dell'alma mia qual barbaro governo
695faccia l'impeto alterno
 de' contrari fra loro affetti miei,
 Romolo, io ti farei
 meraviglia e pietà.
 ROMOLO
                                     Dimmi più tosto
 tenerezza ed amor. Chi fra' mortali
700ha mai provato un tal contento! È mia
 l'adorabile Ersilia; ecco il ridente
 astro del nuovo impero;
 ecco Roma felice.
 ERSILIA
                                  Ah non è vero.
 È speranza infedel; mal ti consiglia;
705tua non sarò.
 ROMOLO
                           Ma perché mai?
 ERSILIA
                                                           Son figlia.
 
    Basta così, vincesti;
 ceduto ha il mio rigore;
 tutto il mio cor vedesti;
 non dimandar di più.
 
710   Nel suo dover costante
 sempre sarà quest'alma,
 benché a celar bastante
 gli affetti suoi non fu. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 ROMOLO, indi OSTILIO
 
 ROMOLO
 Ah non è dubbio il mio trionfo; ho vinto
715l'austero cor d'Ersilia. Il genitore,
 sol che alfin si rinvenga,
 resister non potrà. Preghiere, offerte,
 nulla fia ch'io risparmi
 per ottener da lui...
 OSTILIO
                                      Romolo, all'armi. (Con premura)
 ROMOLO
720Che fu?
 OSTILIO
                  Roma è in periglio. Ingrato Acronte
 a' benefici tuoi, libero a pena,
 d'assalirla minaccia.
 ROMOLO
                                        E con quai schiere?
 OSTILIO
 Co' Ceninesi suoi. Già in vari aguati
 pronti gli avea, che ad un suo cenno io vidi
725popolar di guerrieri
 la vicina campagna, inaspettati
 balenar mille acciari e cento e cento
 improvvise bandiere aprirsi al vento.
 ROMOLO
 Mal preparati il folle
730sorprenderne sperò. Lo disinganni
 il suo castigo. (In atto di partire)
 OSTILIO
                             Al fianco tuo... (Volendolo seguire)
 ROMOLO
                                                         No, resta.
 Roma io confido a te. Veglia in difesa
 della patria e d'Ersilia. Il fraudolento
 potria, chi sa, qui aver lasciata alcuna
735non ancor eseguita insidia ascosa.
 Va', non tardar.
 OSTILIO
                                Su la mia fé riposa. (Parte)
 ROMOLO
 Grazie, o nume dell'armi,
 grazie, o madre d'amor, del sangue mio
 immortali sorgenti.
740Vostro de' miei contenti e vostro è il dono
 dell'ardir ch'io mi sento. In ogni impresa
 vicino a voi mi trovo; e a voi vicino
 è piano alla mia gloria ogni cammino.
 
    Con gli amorosi mirti
745fra i bellici sudori
 i marziali allori
 ad intrecciare io vo.
 
    E corrisposto amante
 e vincitor guerriero,
750di due trionfi altero
 a Roma io tornerò. (Parte)
 
 Fine dell’atto secondo