Semiramide riconosciuta, Venezia, Buonarigo, 1729

 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
  Sala regia illuminata in tempo di notte. Varie credenze d’intorno. Gran mensa imbandita nel mezzo con quattro sedili intorno ed una sedia in faccia.
 
 SIBARI, poi IRCANO con spada nuda
 
 SIBARI
 Ministri, al re sia noto (Parte una guardia)
 che già pronta è la mensa. È giunto il tempo
590che l'accortezza mia
 col morir di Scitalce il grave inciampo
 mi tolga d'un rivale e m'assicuri
 che mai scoprir non possa
 la sua voce, il mio scritto
595quanto Sibari un dì finse in Egitto.
 IRCANO
 E pur il giungerò. Dov'è Scitalce?
 Ov'è Tamiri? È questo
 il luogo della mensa?
 SIBARI
                                         E qual furore
 t'arma la destra?
 IRCANO
                                  Io vuo' Scitalce estinto.
 SIBARI
600(Ah di costui lo sdegno
 scompone il mio disegno).
 IRCANO
 Additami dov'è!
 SIBARI
                                 Vana è l'impresa.
 Come speri assalirlo
 nella regia racchiuso,
605a Tamiri vicino,
 fra i custodi reali, al fianco a Nino?
 IRCANO
 Opprimerò con lui
 Nino, i custodi e questa regia intera.
 Né potranno sottrarlo ai colpi miei
610tutti armati in difesa i vostri dei.
 SIBARI
 Ah non turbin le risse
 il piacer della mensa.
 IRCANO
                                          E tu non sai
 qual torto mi sovrasti?
 SIBARI
                                            Il so. Condanno
 l'ingiustizia in Tamiri e compatisco
615il tuo giusto furor ma che farai?
 IRCANO
 Che farò? Mi vedrai
 dell'ingiusto imeneo troncare il laccio.
 SIBARI
 Ferma. (In atto di partire)
 IRCANO
                  Non m'arrestar.
 SIBARI
                                                 Ma tu non brami
 Scitalce estinto?
 IRCANO
                                 Sì.
 SIBARI
                                         Dunque ti placa,
620egli morrà, fidati a me; salvarlo
 sol potrebbe il tuo sdegno.
 IRCANO
                                                  Io non t'intendo.
 Corro prima a svenarlo e poi l'arcano
 mi spiegarai. (Come sopra)
 SIBARI
                             Ma senti. (A lui conviene
 tutto scoprir). Poss'io di te fidarmi?
 IRCANO
625Parla.
 SIBARI
              Per odio antico
 Scitalce è mio nemico; il torto indegno
 che al tuo merto si fa cresce il mio sdegno.
 Ond'io, ma non parlar, già nella mensa
 preparai la sua morte.
 IRCANO
                                           E come?
 SIBARI
                                                             È certo
630che Scitalce è lo sposo. A lui Tamiri
 dovrà, come è costume,
 il primo nappo offrir; per opra mia
 questo sarà d'atro veleno infetto.
 IRCANO
 Se m'inganni...
 SIBARI
                               Ingannarti! E chi sottrarmi
635potrebbe al tuo furore!
 Passami allor con questo ferro il core.
 IRCANO
 Mi fidarò ma poi... (Ripone la spada)
 SIBARI
 Taci, che il re già s'avvicina a noi.
 
    Spera goder vicino
640pieno d'amore e pace
 rivolto il tuo destino
 in aria di pietà.
 
    Già la mia fede impegno
 che il tuo rivale indegno
645alfin s'abbatterà.
 
 SCENA II
 
 SEMIRAMIDE, TAMIRI, MIRTEO, SCITALCE seguiti da paggi, cavalieri e detti
 
 SEMIRAMIDE
 Ecco il luogo o Tamiri
 ove gli altrui sospiri
 attendono da te premio e mercede.
 (Io tremo e fingo).
 TAMIRI
                                     Ogni misura eccede
650la real pompa e nella regia assira
 non s'introdusse mai
 con più fasto il piacer.
 MIRTEO
                                           Qui la tua cura
 del ricco Gange e dell'eoe maremme
 i tesori e le gemme
655tutte adunò.
 SCITALCE
                          Da mille faci e mille
 vinta è la notte e ripercosso intorno
 fiammeggia oltre il costume
 fra l'ostro e l'or multiplicato il lume.
 SEMIRAMIDE
 Scitalce, al nuovo sposo
660io preparai la fortunata stanza
 pegno dell'amor mio.
 SCITALCE
                                          (Finge costanza).
 Ah se quello foss'io
 chi più di me saria felice?
 SEMIRAMIDE
                                                  (Ingrato).
 IRCANO
 Come mai del tuo fato (A Scitalce)
665puoi dubitar? Saggia è Tamiri e vede
 che il più degno tu sei.
 MIRTEO
                                            Che ascolto! Ircano
 chi mai ti rese umano?
 Dov'è il tuo foco e l'impeto natio?
 IRCANO
 Comincio amico ad erudirmi anch'io.
 TAMIRI
670Così mi piaci.
 MIRTEO
                             È molto.
 SCITALCE
                                               Io non intendo
 se da senno o per gioco (A Semiramide e a Tamiri)
 parla così.
 IRCANO
                      (M'intenderai fra poco).
 SEMIRAMIDE
 Più non si tardi, ognun la mensa onori. (Doppo seduta nel mezzo Semiramide, siedono alla destra di lei Tamiri e poi Scitalce, alla sinistra Mirteo e poi Ircano. Sibari in piedi appresso Ircano. Intanto sinfonia)
 In lucido cristallo aureo liquore
675Sibari a me si rechi.
 SIBARI
                                        (Ardir mio core). (Va a prender la tazza)
 IRCANO
 (Il colpo è già vicino).
 MIRTEO
                                          Oh dio s'appressa
 il momento funesto.
 TAMIRI
 Che gioia!
 SCITALCE
                      Che sarà!
 SEMIRAMIDE
                                          Che punto è questo!
 SIBARI
 Compito è il cenno. (Sibari posa la sottocoppa con la tazza avanti a Semiramide e va a lato d’Ircano)
 SEMIRAMIDE
                                       Or prendi
680Tamiri e scegli. Il sospirato dono (Dà la tazza a Tamiri)
 presenta a chi ti piace
 e goda quegli il grand'acquisto in pace.
 TAMIRI
 Il dubbio o prenci in cui finor m'involse
 l'eguaglianza de' merti
685discioglie il genio e non offende alcuno
 se al talamo ed al trono
 l'un o l'altro solleva.
 Ecco lo sposo e il re; Scitalce beva. (Tamiri posa la tazza avanti Scitalce)
 SEMIRAMIDE
 Io lo previdi.
 MIRTEO
                           Oh sorte!
 SCITALCE
690(Ah qual impegno!)
 SIBARI
                                       (Or s'avvicina a morte).
 IRCANO
 Via Scitalce, che tardi? Il re tu sei.
 SCITALCE
 (E deggio in faccia a lei
 annodarmi a Tamiri!)
 TAMIRI
 Egli è dubbioso ancora. (A Semiramide)
 SEMIRAMIDE
695Alfin risolvi.
 SCITALCE
                          E Nino
 lo comanda a Scitalce?
 SEMIRAMIDE
                                            Io non comando,
 fa' il tuo dover.
 SCITALCE
                               Sì lo farò. (L'ingrata
 si punisca così). D'ogn'altro amore
 mi scordo in questo punto... Ah non ho core. (Volendo bere e poi s’arresta)
700Porgi a più degno oggetto
 il dono o principessa, io non l'accetto. (Posa la tazza)
 TAMIRI
 Come!
 SIBARI
                (O sventura!)
 IRCANO
                                           E lei ricusi, allora
 che al regno ti destina?
 Non s'offende in tal guisa una regina. (A Scitalce)
 SEMIRAMIDE
705Qual cura hai tu, se accetta
 o se rifiuta il dono? (Ad Ircano)
 MIRTEO
 Lascialo in pace.
 IRCANO
                                 Io sono
 difensor di Tamiri; e tu non devi
 la tazza ricusar, prendila e bevi. (A Scitalce)
 TAMIRI
710Principe invan ti sdegni; ei col rifiuto
 non me, sé stesso offende (Ad Ircano)
 e al demerito suo giustizia rende.
 IRCANO
 No no, voglio ch'ei beva.
 TAMIRI
                                               Eh taci. Intanto
 per degno premio al tuo cortese ardire
715l'offerta di mia mano
 ricevi tu con più giustizia Ircano.
 IRCANO
 Io!
 TAMIRI
         Sì. Con questo dono (Prende la tazza per darla ad Ircano)
 te destino al mio trono, all'amor mio.
 IRCANO
 (Sibari che farò?) (Piano a Sibari)
 SIBARI
                                     (Mi perdo anch'io). (Piano ad Ircano)
 TAMIRI
720Perché taci così? Forse tu ancora
 vuoi ricusarmi?
 IRCANO
                                No, non ti ricuso;
 penso... Vorrei... Ma temo... (Io son confuso).
 SEMIRAMIDE
 Principe tu non devi
 un momento pensar, prendila e bevi. (Ad Ircano)
725Troppo il rispetto offendi
 a Tamiri dovuto.
 MIRTEO
 Ma parla.
 TAMIRI
                     Ma risolvi.
 IRCANO
                                           Ho risoluto. (S’alza e prende la tazza)
 Vada la tazza a terra. (Getta la tazza)
 SCITALCE
 E qual furore insano...
 IRCANO
730Così riceve un tuo rifiuto Ircano.
 TAMIRI
 Ah questo è troppo! Ognun disprezza il dono,
 dunque ridotta io sono
 a mendicar chi le mie nozze accetti?
 Forse per oltraggiarmi
735in Assiria veniste? O il mio sembiante
 è deforme a tal segno
 che a farlo tolerar non basti un regno?
 SEMIRAMIDE
 È giusta l'ira tua.
 MIRTEO
                                  Dell'amor mio
 dovresti o principessa...
 TAMIRI
                                              Alcun d'amore
740più non mi parli. Io sono offesa e voglio
 punito l'offensor. Scitalce mora.
 Ei col primo rifiuto
 il mio dono avvilì. Chi sua mi brama
 a lui trafigga il petto,
745venga tinto di sangue ed io l'accetto.
 
    Tu mi disprezzi ingrato (A Scitalce)
 ma non andarne altero;
 trema d'aver mirato
 superbo il mio rossor.
 
750   Chi vuol di me l'impero
 passi quel core indegno.
 Voglio che sia lo sdegno
 foriero dell'amor.
 
 SCENA III
 
 SEMIRAMIDE, SCITALCE, MIRTEO, IRCANO e SIBARI
 
 SEMIRAMIDE
 (Il mio bene è in periglio
755per essermi fedel).
 IRCANO
                                      Scitalce andiamo.
 All'offesa Tamiri
 il dono offrir della tua testa io voglio.
 SCITALCE
 Vengo e di tanto orgoglio
 arrossir ti farò.
 SEMIRAMIDE
                               (Stelle, che fia!) (Scitalce in atto di partire seguito da Ircano)
 MIRTEO
760Arrestatevi olà, l'impresa è mia.
 IRCANO
 Io primiero al cimento
 chiamai Scitalce.
 MIRTEO
                                  Io difensor più giusto
 son di Tamiri.
 IRCANO
                             Ella di te non cura
 né mai ti scelse.
 MIRTEO
                                Ella ti sdegna, offesa
765dal tuo rifiuto.
 IRCANO
                              E tu pretendi?...
 MIRTEO
                                                              E vuoi?...
 SCITALCE
 Tacete, è vano il contrastar fra voi.
 A vendicar Tamiri
 venga Ircano, Mirteo, venga uno stuolo,
 solo io sarò né mi sgomento io solo.
 SEMIRAMIDE
770Fermati (oh dio).
 SCITALCE
                                   Che chiedi?
 SEMIRAMIDE
                                                           In questa regia
 sugl'occhi miei Tamiri
 il rifiuto soffrì; prima d'ogn'altro
 io son l'offeso e pria d'ogn'altro io voglio
 l'oltraggio vendicar; qui prigioniero
775resti Scitalce e qui deponga il brando.
 Sibari sia tuo peso
 la custodia del reo.
 SCITALCE
                                     Come?
 SIBARI
                                                     Che intendo!
 SEMIRAMIDE
 (Così non mi paleso e lo difendo).
 SCITALCE
 Ch'io ceda il brando mio?
 SEMIRAMIDE
780Non più, così comando, il re son io.
 SCITALCE
 Così comandi e parli
 a Scitalce così? Colpa sì grande
 ti sembra il mio rifiuto? Ah troppo insulti
 la sofferenza mia, qui potrei farti
785forse arrossire.
 SEMIRAMIDE
                               Olà t'accheta e parti.
 SCITALCE
 Ma qual perfidia è questa! Ove mi trovo!
 Nella regia d'Assiria o fra i deserti
 dell'inospita Libia! Udiste mai
 che fosse più fallace
790il Moro infido o l'Arabo rapace?
 No no; l'arabo, il moro
 han più idea di dovere,
 han più fede tra loro anche le fiere.
 
    Voi che le mie vicende,
795voi che i miei torti udite
 fuggite, sì fuggite.
 Qui legge non s'intende, (Ad Ircano)
 qui fedeltà non v'è. (A Mirteo)
 
    E puoi tiranno, e puoi
800senza rossor mirarmi? (A Semiramide)
 Qual fede avrà per voi
 chi non la serba a me?
 
 SCENA IV
 
 SEMIRAMIDE, IRCANO e MIRTEO
 
 SEMIRAMIDE
 (Conoscerai fra poco
 che son pietosa e non crudel).
 MIRTEO
                                                        Perdona
805signor s'io troppo ardisco. Il tuo comando
 Scitalce a un punto e la mia speme oltraggia.
 IRCANO
 Perché mi si contende
 il trionfar di lui?
 SEMIRAMIDE
                                  Chi mai t'intende!
 Or Tamiri non curi ed or la brami?
 MIRTEO
810Ma tu l'ami o non l'ami?
 IRCANO
 Nol so.
 SEMIRAMIDE
                Se amavi allor, come in te nacque
 d'un rifiuto il desio?
 IRCANO
                                        Così mi piacque.
 MIRTEO
 Se ti piacque così, perché la pace
 or mi vieni a turbar?
 IRCANO
                                         Così mi piace.
 MIRTEO
815Strano piacer, dell'amor mio ti fai
 rivale Ircano ed il perché non sai.
 IRCANO
 Quante richieste! Alfine
 che vorreste da me?
 SEMIRAMIDE
                                        Da te vorrei
 ragion dell'opre tue.
 MIRTEO
                                        Saper desio
820qual core in seno ascondi.
 SEMIRAMIDE
 Spiegati.
 MIRTEO
                    Non tacer.
 SEMIRAMIDE
                                         Parla.
 MIRTEO
                                                      Rispondi.
 IRCANO
 
    Saper bramate
 tutto il mio core?
 Non vi sdegnate
825lo spiegherò.
 
    Mi dà diletto
 l'altrui dolore,
 perciò d'affetto
 cangiando vo.
 
830   Il genio è strano,
 lo veggo anch'io.
 Ma tento invano
 cangiar desio;
 l'istesso Ircano
835sempre sarò.
 
 SCENA V
 
 SEMIRAMIDE e MIRTEO
 
 MIRTEO
 Vedi quanto son io
 sventurato in amore. Un tal rivale
 si preferisce a me.
 SEMIRAMIDE
                                     Non è Tamiri
 sposa finor; molto sperar tu puoi.
840Scitalce è prigionier, si rese Ircano
 dell'imeneo col suo rifiuto indegno.
 Facilmente otterrai la sposa e il regno.
 MIRTEO
 Che giova il merto; io soffrirò ma poi
 chi ragion mi farà? Forse Tamiri?
 SEMIRAMIDE
845Avranno i tuoi sospiri
 da lei mercede. A tuo favore io stesso
 tutto farò. Ti bramerei felice.
 MIRTEO
 Come goder mi lice
 la tua pietà?
 SEMIRAMIDE
                          Ti meravigli o prence
850perché il mio cor non vedi.
 Tu più caro mi sei di quel che credi.
 MIRTEO
 
    Sì pietoso il tuo labro ragiona
 che quest'alma non teme che finga.
 S'abbandona alla dolce lusinga
855e contenti sognando si va.
 
    Care pene, felici martiri,
 se mostrasse l'ingrata Tamiri
 qualche parte di questa pietà.
 
 SCENA VI
 
 SEMIRAMIDE
 
 SEMIRAMIDE
 Di Scitalce il rifiuto
860è una prova d'amor. Questa mi toglie
 de' tradimenti suoi
 l'imagine dal cor. Questa risveglia
 le mie speranze e questa
 mille teneri affetti in sen mi desta.
865T'intendo amor. Mi vai
 la sua fé rammentando e non gl'inganni.
 Quanto è facile mai
 nella felicità scordar gli affanni!
 
    Il pastor se torna aprile
870non rammenta i giorni algenti.
 Dall'ovile all'ombre usate
 riconduce i bianchi armenti
 e l'avene abbandonate
 fa di nuovo risuonar.
 
875   Il nocchier placato il vento
 più non teme o si scolora.
 Ma contento in su la prora
 va cantando in faccia al mar.
 
 SCENA VII
 
 Appartamenti terreni.
 
 SIBARI, poi IRCANO
 
 SIBARI
 L'accortezza a che val, se ognor con nuovi
880impensati accidenti
 la fortuna nemica
 d'ogni disegno mio le fila intrica.
 Tutto ho tentato invano,
 vive Scitalce e sa la trama Ircano.
 IRCANO
885Vieni Sibari.
 SIBARI
                           E dove?
 IRCANO
 A Tamiri.
 SIBARI
                     Perché?
 IRCANO
                                      Voglio che a lei
 discolpi il mio rifiuto.
 SIBARI
                                           Il suo pensiero
 come appagar?
 IRCANO
                               Con palesarle il vero.
 SIBARI
 Il vero!
 IRCANO
                 Sì. Tu le dirai ch'io l'amo,
890che per non ber la morte
 io ricusai, ch'era la tazza aspersa
 di nascosto velen, che tua la cura
 fu d'apprestarlo e che dai detti tui
 l'inganno a favorir sedotto io fui.
 SIBARI
895Signor che dici? E pubblicar vogliamo
 un delitto comun. Reo della frode
 saresti al par di me. Fra lor di colpa
 differenza non hanno
 chi meditò, chi favorì l'inganno.
 IRCANO
900D'un desio di vendetta alfin Tamiri
 mi creda reo, non del rifiuto e sappia
 perché la ricusai.
 SIBARI
                                  Troppo mi chiedi,
 ubbidir non poss'io.
 IRCANO
 E ben, taccia il tuo labro e parli il mio. (In atto di partire)
 SIBARI
905Senti. (Al riparo). Il tuo parlar scompone
 un mio pensier che può giovarti.
 IRCANO
                                                              E quale?
 SIBARI
 Pria che sorga l'aurora io di Tamiri
 possessor ti farò.
 IRCANO
                                  Come?
 SIBARI
                                                  Al tuo cenno
 su l'Eufrate non hai
910navi, seguaci ed armi?
 IRCANO
                                            E ben, che giova?
 SIBARI
 Ai reali giardini il fiume istesso
 bagna le mura e si racchiude in quelli
 di Tamiri il soggiorno; ove tu voglia
 col soccorso de' tuoi
915l'impresa assicurar, per tal sentiero
 rapir la sposa e a te recarla io spero.
 IRCANO
 Dubbia è l'impresa.
 SIBARI
                                       Anzi sicura. Ognuno
 sarà immerso nel sonno; a questa insidia
 non v'è chi pensi e incustodito è il loco.
 IRCANO
920Parmi che a poco a poco
 mi piaccia il tuo pensier ma non vorrei...
 SIBARI
 Eh dubitar non dei. Fidati, io vado
 mentre cresce la notte
 il sito ad esplorar; tu co' più fidi
925dell'Eufrate alle sponde
 sollecito ti rendi.
 IRCANO
 A momenti verrò, vanne e m'attendi.
 SIBARI
 
    Vieni, che poi sereno
 alla tua bella in seno
930ti troverà l'aurora
 quando riporta il dì.
 
    Farai d'invidia allora
 impallidir gli amanti
 e senza affanni o pianti
935tu goderai così.
 
 SCENA VIII
 
 IRCANO, poi TAMIRI, indi MIRTEO
 
 IRCANO
 O qual rossore avranno
 se m'arride il destino
 e Scitalce e Mirteo, Tamiri e Nino.
 TAMIRI
 Che si fa? Che si pensa? Ancor non turba
940il valoroso Ircano
 né pur con la minaccia i sonni al reo?
 IRCANO
 Hai difensor più degno, ecco Mirteo.
 TAMIRI
 Prence che rechi? È vinto
 Scitalce ancor?
 MIRTEO
                              Si vincerà, se basta
945esporre a tua difesa il sangue mio.
 TAMIRI
 Il tuo pronto desio
 avrà premio da me.
 IRCANO
                                       Degno d'affetto
 veramente è Mirteo. Rozzo in amore
 non è come son io. Ne sa gl'arcani.
950È sprezzato e nol cura;
 è offeso e non s'adira.
 Con legge e con misura
 or piange ed or sospira;
 e pur alla sua fede
955un'ombra di speranza è gran mercede.
 MIRTEO
 Nol niego.
 TAMIRI
                      Al nuovo giorno
 sarà forse mio sposo. Ei non invano
 a mio favor s'affanna.
 IRCANO
 Fortunato Mirteo. (Quanto s'inganna).
 
 SCENA IX
 
 TAMIRI e MIRTEO
 
 MIRTEO
960Felice me, se un giorno
 pietosa ti vedrò.
 TAMIRI
                                 Se di Scitalce
 pria non sei vincitor, tu di Tamiri
 possessor non sarai.
 MIRTEO
                                       L'avrei punito
 s'ei fosse in libertà. Nino lo rese
965suo prigionier.
 TAMIRI
                              Perché?
 MIRTEO
                                               Per vendicarti.
 TAMIRI
 Per vendicarmi! E chi richiese a lui
 questa vendetta! Io voglio
 che il punisca un di voi.
 MIRTEO
                                              Libero ei vada,
 eccomi pronto.
 TAMIRI
                              A me lascia la cura
970della sua libertà. Tu pensa al resto.
 MIRTEO
 Ubbidirò ma poi
 stringerò la tua destra?
 TAMIRI
                                             Io mi spiegai
 abbastanza con te.
 MIRTEO
                                    Sì, ma potresti
 pentirti ancor.
 TAMIRI
                              (Quant'è importuno!) Ingiusto
975è il tuo timore.
 MIRTEO
                              Oh dio
 così avvezzo son io
 invano a sospirar che sempre temo,
 sempre m'aggita il petto...
 TAMIRI
 Mirteo cangia favella o cangia affetto.
980Io tolerar non posso
 un languido amator che mi tormenti
 con assidui lamenti,
 che mai lieto non sia, che sempre innanzi
 mesto mi venga e che tacendo ancora
985con la fronte turbata
 mi rimproveri ognor ch'io sono ingrata.
 MIRTEO
 
    Siete barbare amate stelle
 se vi turbano i miei sospiri.
 O placatevi luci belle
990o lasciatemi sospirar.
 
    Se vi scopro la mia ferita,
 se mi lagno, se chiedo aita
 accusatene i vostri sguardi
 che mi fecero innamorar.
 
 SCENA X
 
 TAMIRI, poi SEMIRAMIDE
 
 TAMIRI
995E qual sul mio nemico
 ragione ha Nino! Io chiederò... Ma viene.
 Signor perché si tiene
 prigioniero Scitalce?
 SEMIRAMIDE
                                         A tuo riguardo.
 Voglio che a' piedi tuoi supplice, umile
1000ti chieda quell'altero
 e perdono e pietà.
 TAMIRI
                                    Gran pena invero.
 Eh non basta al mio sdegno. Io vuo' che il petto
 esponga al nudo acciaro. Io vuo' che sia
 la sua vita in periglio e se un rivale
1005sugl'occhi miei gli trafigesse il seno
 nel suo morir sarei contenta appieno.
 SEMIRAMIDE
 Ah mal conviene a tenera donzella
 mostrar fuor del costume
 di brama sì tiranna il core acceso.
 TAMIRI
1010Parli così perché non sei l'offeso.
 La sua morte mi giova.
 SEMIRAMIDE
 (Lo sdegno con l'amor venga alla prova).
 Tamiri ascolta. Alfine
 ho desio d'appagarti e già che vuoi
1015Scitalce estinto io la tua brama adempio.
 Ma non chiamarmi poi barbaro ed empio.
 TAMIRI
 Anzi giusto, anzi amico
 chiamar ti deggio.
 SEMIRAMIDE
                                    In solitaria parte
 farò che innanzi a te cada trafitto.
 TAMIRI
1020Sì sì. Del tuo delitto
 tardi ingrato da me pietà vorrai.
 SEMIRAMIDE
 Che bel piacer avrai del nudo acciaro
 vedergli al primo colpo
 della morte il terror correr sul viso.
1025Veder più volte invano
 la prigioniera mano
 sforzar le sue catene
 per dar soccorso alle squarciate vene.
 Inutilmente il labro
1030tentar gli accenti, la pupilla errante
 i rai cercar della smarrita luce,
 e alternamente il capo
 a vacillare astretto
 or sul tergo cadergli ed or sul petto.
 TAMIRI
1035Oh dio.
 SEMIRAMIDE
                 (Già impallidisce). Odimi. Allora
 prima che affatto ei mora
 aprigli il sen con le tue mani istesse.
 Allor...
 TAMIRI
                Non più.
 SEMIRAMIDE
                                   Strappagli allor quel core
 e poi...
 TAMIRI
                Taci una volta.
 SEMIRAMIDE
                                             (Ha vinto amore).
 TAMIRI
1040A imagini sì fiere
 o qual pietade ho intesa.
 SEMIRAMIDE
 Tu parli di pietade e sei l'offesa?
 TAMIRI
 Troppo crudel mi vuoi.
 SEMIRAMIDE
                                             Ma che vorresti?
 TAMIRI
 Vorrei...
 
 SCENA XI
 
 SIBARI e detti
 
 SIBARI
                   Come imponesti
1045Scitalce è qui. (A Semiramide)
 SEMIRAMIDE
                              L'ascolterò fra poco, (Sibari parte)
 di' che m'attenda. E ben risolvi, a lui
 condoni il fallo?
 TAMIRI
                                No.
 SEMIRAMIDE
                                          Dunque s'uccida.
 TAMIRI
 Né pur.
 SEMIRAMIDE
                  Vedi ch'io deggio
 Scitalce udir, spiegami i sensi tuoi.
 TAMIRI
1050Sì digli...
 SEMIRAMIDE
                    Che?
 TAMIRI
                                Dirai... Di' ciò che vuoi.
 
    Non so se sdegno sia,
 non so se sia pietà
 quella che l'alma mia
 così turbando va.
1055Forse tu meglio assai
 l'intenderai di me.
 
    Pensa che odiar vorrei,
 pensa che il reo mi piace.
 De' giorni miei la pace
1060tutta confido a te.
 
 SCENA XII
 
 SEMIRAMIDE, poi SCITALCE senza spada
 
 SEMIRAMIDE
 S'avanzi il prigionier. Mi balza in petto
 impaziente il cor. Più non poss'io
 coll'idol mio dissimular l'affetto.
 SCITALCE
 Eccomi, che si chiede? A nuovi oltraggi
1065vuoi forse espormi? O di mia morte è l'ora?
 SEMIRAMIDE
 E come hai cor di tormentarmi ancora?
 Deh non fingiamo più. Dimmi che vive
 nel petto di Scitalce il cor d'Idreno.
 Io ti dirò che in seno
1070vive del finto Nino
 Semiramide tua, che per salvarti
 ti resi prigionier, ch'io fui l'istessa
 sempre per te, che ancor l'istessa io sono.
 Torna torna ad amarmi e ti perdono.
 SCITALCE
1075Mi perdoni! E qual fallo?
 Forse i tuoi tradimenti?
 SEMIRAMIDE
                                               O stelle! O dei!
 I tradimenti miei! Dirlo tu puoi?
 Tu puoi pensarlo?
 SCITALCE
                                    Udite. Ella s'offende
 come mai non avesse
1080tentato il mio morir, com'io veduto
 non avessi il rival, come se alcuno
 non m'avesse avvertito il mio periglio.
 Rivolgi altrove o menzognera il ciglio.
 SEMIRAMIDE
 Che sento! E chi t'indusse
1085a credermi sì rea?
 SCITALCE
                                    So che ti spiacque,
 la tua frode svanì. Dell'innocenza
 i numi ebber pietà.
 SEMIRAMIDE
                                       Que' numi istessi,
 se v'è giustizia in cielo,
 dell'innocenza mia facciano fede.
1090Io tradir l'idol mio! Tu fosti e sei
 luce degl'occhi miei,
 del mio tenero cor tutta la cura.
 Ah se il mio labro mente
 di nuovo ingiustamente
1095come già fece Idreno
 torni Scitalce a trapassarmi il seno.
 SCITALCE
 Tu vorresti sedurmi; un'altra volta
 perfida m'ingannasti;
 trionfane e ti basti.
1100Più le lagrime tue forza non hanno.
 SEMIRAMIDE
 Invero è un grand'inganno
 a uno straniero in braccio
 sé stessa abbandonar, lasciar per lui
 la patria, il genitore.
1105Se questo è inganno, e qual sarà l'amore?
 SCITALCE
 Eh ti conosco.
 SEMIRAMIDE
                            E mi deride! Udite
 se mostra de' suoi falli alcun rimorso?
 Io priego, egli m'insulta,
 io tutta umile, egli di sdegno acceso,
1110la colpevole io sembro ed ei l'offeso.
 SCITALCE
 No no, la colpa è mia; purtroppo io sento
 rimorsi al cor ma sai di che? Di un colpo
 che lieve fu, che non t'uccise allora.
 SEMIRAMIDE
 Barbaro non dolerti, hai tempo ancora.
1115Eccoti il ferro mio, da te non cerco
 difendermi o crudel; saziati, impiaga,
 passami il cor, già la tua mano apprese
 del ferirmi le vie. Mira, son queste
 l'orme del tuo furor; ti volgi altrove?
1120Riconoscile ingrato e poi mi svena.
 SCITALCE
 Va', non ti credo.
 SEMIRAMIDE
                                  O crudeltade! O pena!
 
    Tradita, sprezzata
 che piango? che parlo!
 se pieno d'orgoglio (Da sé)
1125non crede il dolor.
 
    Che possa provarlo
 quell'anima ingrata, (A Scitalce)
 quel petto di scoglio,
 quel barbaro cor!
 
1130   Sentirsi morire
 dolente e perduta! (Da sé)
 Trovarsi innocente!
 Non esser creduta!
 Chi giunge a soffrire
1135tormento maggior?
 
 SCENA XIII
 
 SCITALCE
 
 SCITALCE
 Partì l'infida e mi lasciò nel seno
 un tumulto d'affetti
 fra lor nemici. Il suo dolor mi spiace,
 la sua colpa abborisco; e il core intanto
1140di rabbia freme, e di pietà sospira.
 E mi si desta il pianto in mezzo all'ira.
 Così fra i dubbi miei
 son crudo a me, non son pietoso a lei.
 
    Passaggier, che su la sponda
1145sta del naufrago naviglio,
 or al legno ed or all'onda
 fissa il guardo e gira il ciglio.
 Teme il mar, teme l'arene,
 vuol gittarsi e si trattiene
1150e risolversi non sa.
 
    Pur la vita e lo spavento
 perde alfin nel mar turbato.
 Quel momento fortunato
 quando mai per me verrà!
 
 Fine dell’atto secondo