Semiramide, Torino, Reale, 1757, I

 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
  Sala regia illuminata in tempo di notte. Varie credenze intorno con vasi trasparenti. Gran mensa imbandita nel mezzo con quattro sedili intorno ed una sedia in faccia.
 
 SIBARI, poi IRCANO con ispada nuda
 
 SIBARI
 Ministri, al re sia noto (Parte una guardia)
 che già pronta è la mensa. È giunto il tempo
 che l'accortezza mia
610col morir di Scitalce il grave inciampo
 mi tolga d'un rivale e m'assicuri
 che mai scoprir non possa
 la sua voce, il mio scritto
 quanto Sibari un dì finse in Egitto.
 IRCANO
615E pure il giungerò. Dov'è Scitalce?
 Ov'è Tamiri? È questo
 il luogo della mensa?
 SIBARI
                                         E qual furore
 t'arma la destra?
 IRCANO
                                  Io vo' Scitalce estinto.
 SIBARI
 (Ah di costui lo sdegno
620scompone il mio disegno!)
 IRCANO
 Additami dov'è!
 SIBARI
                                 Ma che farai?
 IRCANO
 Che farò? Mi vedrai con questo acciaro
 dell'ingiusto imeneo troncare il laccio.
 Alla sua sposa in braccio
625cadrà il rivale, andrà la mensa a terra
 e lo sparso farò Lieo spumante
 scorrer col sangue infra le tazze infrante. (In atto di partire)
 SIBARI
 Ferma.
 IRCANO
                 Non m'arrestar.
 SIBARI
                                                Ma tu non brami
 Scitalce estinto?
 IRCANO
                                 Sì.
 SIBARI
                                         Dunque ti placa;
630egli morrà, fidati a me. Salvarlo
 sol potrebbe il tuo sdegno.
 IRCANO
                                                  Io non intendo.
 Corro prima a svenarlo e poi l'arcano
 mi spiegherai.
 SIBARI
                              Ma senti. (A lui conviene
 tutto scoprir). Poss'io di te fidarmi?
 IRCANO
635Parla.
 SIBARI
              Per odio antico
 Scitalce è mio nemico. Il torto indegno,
 che al tuo merto si fa, cresce il mio sdegno;
 ond'io, ma non parlar, già nella mensa
 preparai la sua morte.
 IRCANO
                                           E come?
 SIBARI
                                                             È certo
640che Scitalce è lo sposo. A lui Tamiri
 dovrà, come è costume,
 il primo nappo offrir. Per opra mia
 questo sarà d'atro veleno infetto.
 IRCANO
 Se m'inganni...
 SIBARI
                               Ingannarti! E chi sottrarmi
645potrebbe al tuo furore?
 Passami allor con questo ferro il core.
 IRCANO
 Mi fiderò ma poi... (Ripone la spada)
 SIBARI
 Taci, che il re già s'avvicina a noi.
 
 SCENA II
 
 SEMIRAMIDE, TAMIRI, MIRTEO, SCITALCE, preceduti da ballarini, seguiti da paggi, cavalieri, e detti
 
 SEMIRAMIDE
 Ecco il luogo, o Tamiri,
650ove gli altrui sospiri
 attendono da te premio e mercede.
 (Io tremo e fingo).
 TAMIRI
                                     Ogni misura eccede
 la real pompa e nella reggia assira
 non s'introdusse mai
655con più fasto il piacer.
 MIRTEO
                                           Qui la tua cura
 del ricco Gange e dell'eoe maremme
 i tesori e le gemme
 tutte adunò.
 SCITALCE
                          Da mille faci e mille
 vinta è la notte; e ripercosso intorno
660fiammeggia oltre il costume
 fra l'ostro e l'or multiplicato il lume.
 SEMIRAMIDE
 Scitalce, al nuovo sposo
 io preparai la fortunata stanza,
 pegno dell'amor mio.
 SCITALCE
                                          (Finge costanza).
665Ah se quello foss'io,
 chi più di me saria felice?
 SEMIRAMIDE
                                                  (Ingrato!)
 IRCANO
 Come mai del tuo fato (A Scitalce)
 puoi dubitar? Saggia è Tamiri e vede
 che il più degno tu sei.
 MIRTEO
                                            Che ascolto! Ircano,
670chi mai ti rese umano?
 Dov'è il tuo fuoco e l'impeto natio?
 IRCANO
 Comincio, amico, ad erudirmi anch'io.
 TAMIRI
 Così mi piaci.
 MIRTEO
                             È molto.
 SCITALCE
                                               Io non intendo
 se da senno o per gioco
675parla così. (A Semiramide e a Tamiri)
 IRCANO
                       (M'intenderai fra poco).
 SEMIRAMIDE
 Più non si tardi. Ognuno
 la mensa onori e intanto
 misto risuoni a liete danze il canto. (Dopo seduta nel mezzo Semiramide, siedono alla destra di lei Tamiri e poi Scitalce. Alla sinistra Mirteo, poi Ircano. Sibari è in piedi appresso Ircano. Intanto sinfonia, coro e ballo)
 CORO
 
    Il piacer, la gioia scenda,
680fidi sposi, al vostro cor.
 
    Imeneo la face accenda,
 la sua face accenda Amor.
 
 PARTE DEL CORO
 
    Fredda cura, atro sospetto
 non vi turbi e non v'offenda
685e d'intorno al regio letto
 con purissimo splendor...
 
 CORO
 
    Imeneo la face accenda,
 la sua face accenda Amor.
 
 PARTE DEL CORO
 
    Sorga poi prole felice
690che ne' pregi egual si renda
 alla bella genitrice,
 all'invitto genitor.
 
 CORO
 
    Imeneo la face accenda,
 la sua face accenda Amor.
 
 PARTE DEL CORO
 
695   E se fia che amico nume
 lunga età non vi contenda,
 a scaldar le fredde piume,
 a destarne il primo ardor...
 
 CORO
 
    Imeneo la face accenda,
700la sua face accenda Amor.
 
 SEMIRAMIDE
 In lucido cristallo aureo liquore,
 Sibari, a me si rechi.
 SIBARI
                                         (Ardir, mio core). (Va a prender la tazza)
 IRCANO
 (Il colpo è già vicino).
 MIRTEO
                                          (Oh dio, s'appressa
 il momento funesto!)
 TAMIRI
705(Che gioia!)
 SCITALCE
                          (Che sarà!)
 SEMIRAMIDE
                                                 (Che punto è questo!)
 SIBARI
 Compito è il cenno. (Sibari posa la sottocoppa con la tazza avanti a Semiramide e va a lato d’Ircano)
 SEMIRAMIDE
                                       Or prendi,
 Tamiri, e scegli. Il sospirato dono (Dà la tazza a Tamiri)
 presenta a chi ti piace
 e goda quegli il grand'acquisto in pace.
 TAMIRI
710Principi, il dubbio, in cui finor m'involse
 l'eguaglianza de' merti,
 discioglie il genio e non offende alcuno,
 se al talamo ed al trono
 l'un o l'altro solleva.
715Ecco lo sposo e il re; Scitalce beva. (Tamiri posa la tazza avanti a Scitalce)
 SEMIRAMIDE
 (Io lo previdi).
 MIRTEO
                              Oh sorte!
 SCITALCE
 (Ah qual impegno!)
 SIBARI
                                       (Or s'avvicina a morte).
 IRCANO
 Via, Scitalce, che tardi? Il re tu sei.
 SCITALCE
 (E deggio in faccia a lei
720annodarmi a Tamiri?)
 TAMIRI
 Egli è dubbioso ancora. (A Semiramide)
 SEMIRAMIDE
 Alfin risolvi.
 SCITALCE
                          E Nino
 lo comanda a Scitalce?
 SEMIRAMIDE
                                            Io non comando;
 fa' il tuo dover.
 SCITALCE
                               Sì, lo farò. (L'ingrata
725si punisca così). D'ogn'altro amore
 mi scordo in questo punto... (Ah non ho core). (Volendo bere e poi s’arresta)
 Porgi a più degno oggetto
 il dono, o principessa; io non l'accetto.
 TAMIRI
 Come!
 SIBARI
                (Oh sventura!)
 IRCANO
                                              E lei ricusi allora
730che al regno ti destina? (A Scitalce)
 Non s'offende in tal guisa una regina.
 SEMIRAMIDE
 Qual cura hai tu, se accetta
 o se rifiuta il dono? (Ad Ircano)
 MIRTEO
 Lascialo in pace.
 IRCANO
                                 Io sono
735difensor di Tamiri. (A Semiramide) E tu non devi
 la tazza ricusar, prendila e bevi. (A Scitalce)
 TAMIRI
 Principe, invan ti sdegni; ei col rifiuto
 non me, sé stesso offende
 e al demerito suo giustizia rende.
 IRCANO
740No no; voglio ch'ei beva.
 TAMIRI
                                               Eh taci. Intanto
 per degno premio al tuo cortese ardire
 l'offerta di mia mano
 ricevi tu con più giustizia, Ircano. (Prende la tazza in atto di darla ad Ircano)
 IRCANO
 Io!
 TAMIRI
         Sì, con questo dono
745te destino al mio trono, all'amor mio.
 IRCANO
 (Sibari, che farò?) (Piano a Sibari)
 SIBARI
                                      (Mi perdo anch'io). (Piano ad Ircano)
 TAMIRI
 Perché taci così? Forse tu ancora
 vuoi ricusarmi?
 IRCANO
                                No, non ti ricuso;
 penso... Vorrei... Ma temo... (Io son confuso).
 SEMIRAMIDE
750Principe, tu non devi
 un momento pensar; prendila e bevi.
 Troppo il rispetto offendi
 a Tamiri dovuto.
 MIRTEO
 Ma parla.
 TAMIRI
                     Ma risolvi.
 IRCANO
                                           Ho risoluto. (S’alza e prende la tazza)
755Vada la tazza a terra. (Getta la tazza)
 SCITALCE
 E qual furore insano...
 IRCANO
 Così riceve un tuo rifiuto Ircano.
 TAMIRI
 Ah questo è troppo. Ognun disprezza il dono!
 Dunque ridotta io sono (S’alza e seco tutti)
760a mendicar chi le mie nozze accetti?
 Forse per oltraggiarmi
 in Assiria veniste? O il mio sembiante
 è deforme a tal segno
 che a farlo tollerar non basta un regno?
 SEMIRAMIDE
765È giusta l'ira tua.
 MIRTEO
                                  Dell'amor mio
 dovresti, o principessa...
 TAMIRI
                                               Alcun d'amore
 più non mi parli. Io son l'offesa e voglio
 punito l'offensor. Scitalce mora.
 Ei col primo rifiuto
770il mio dono avvilì. Chi sua mi brama
 a lui trafigga il petto;
 venga tinto di sangue ed io l'accetto.
 
    Tu mi disprezzi, ingrato, (A Scitalce)
 ma non andarne altero;
775trema d'aver mirato,
 superbo, il mio rossor.
 
    Chi vuol di me l'impero
 passi quel core indegno.
 Voglio che sia lo sdegno
780foriero dell'amor. (Parte)
 
 SCENA III
 
 SEMIRAMIDE, SCITALCE, MIRTEO, IRCANO e SIBARI
 
 SEMIRAMIDE
 (Il mio bene è in periglio
 per essermi fedel).
 IRCANO
                                      Scitalce, andiamo.
 All'offesa Tamiri
 il dono offrir della tua testa io voglio.
 SCITALCE
785Vengo e di tanto orgoglio
 arrossir ti farò. (In atto di partire con Ircano)
 SEMIRAMIDE
                                (Stelle, che fia!)
 MIRTEO
 Arrestatevi, olà, l'impresa è mia.
 IRCANO
 Io primiero al cimento
 chiamai Scitalce.
 MIRTEO
                                  Io difensor più giusto
790son di Tamiri.
 IRCANO
                             Ella di te non cura
 né mai ti scelse.
 MIRTEO
                                Ella ti sdegna, offesa
 dal tuo rifiuto.
 IRCANO
                              E tu pretendi...
 MIRTEO
                                                            E vuoi...
 SCITALCE
 Tacete, è vano il contrastar fra voi.
 A vendicar Tamiri
795venga Ircano, Mirteo, venga uno stuolo;
 solo io sarò né mi sgomento io solo. (In atto di partire)
 SEMIRAMIDE
 Fermati. (Oh dio!)
 SCITALCE
                                     Che chiedi?
 SEMIRAMIDE
                                                             In questa reggia
 sugli occhi miei Tamiri
 il rifiuto soffrì. Prima d'ogn'altro
800io son l'offeso e pria d'ogn'altro io voglio
 l'oltraggio vendicar. Qui prigioniero
 resti Scitalce e qui deponga il brando.
 Sibari, sia tuo peso
 la custodia del reo.
 SCITALCE
                                     Come!
 SIBARI
                                                    Che intendo!
 SEMIRAMIDE
805(Così non mi paleso e lo difendo).
 SCITALCE
 Ch'io ceda il brando mio?
 SEMIRAMIDE
 Non più, così comando. Il re son io.
 SCITALCE
 Così comandi e parli
 a Scitalce così? Colpa sì grande
810ti sembra il mio rifiuto? Ah troppo insulti
 la sofferenza mia! Qui potrei farti
 forse arrossir.
 SEMIRAMIDE
                             Olà, t'accheta e parti.
 SCITALCE
 Ma qual perfidia è questa! Ove mi trovo!
 Nella reggia d'Assiria o fra i deserti
815dell'inospita Libia? Udiste mai
 che fosse più fallace
 il Moro infido o l'Arabo rapace?
 No no; l'Arabo, il Moro
 ha più idea di dovere;
820han più fede tra loro anche le fiere. (Getta la spada)
 
    Voi che le mie vicende, (Ad Ircano)
 voi che i miei torti udite, (A Mirteo)
 fuggite, sì fuggite.
 Qui legge non s'intende,
825qui fedeltà non v'è.
 
    E puoi, tiranno, e puoi
 senza rossor mirarmi? (A Semiramide)
 Qual fede avrà per voi
 chi non la serba a me? (Parte con Sibari)
 
 SCENA IV
 
 SEMIRAMIDE, IRCANO e MIRTEO
 
 SEMIRAMIDE
830(Conoscerai fra poco
 che son pietosa e non crudel).
 MIRTEO
                                                        Perdona,
 signor, s'io troppo ardisco. Il tuo comando
 Scitalce a un punto e la mia speme oltraggia.
 IRCANO
 Perché mi si contende
835il trionfar di lui?
 SEMIRAMIDE
                                  Chi mai t'intende?
 Or Tamiri non curi ed or la brami.
 MIRTEO
 Ma tu l'ami o non l'ami?
 IRCANO
 Nol so.
 SEMIRAMIDE
                Se amavi allor, come in te nacque
 d'un rifiuto il desio?
 IRCANO
                                        Così mi piacque.
 MIRTEO
840Se ti piacque così, perché la pace
 or mi vieni a turbar?
 IRCANO
                                         Così mi piace.
 MIRTEO
 Strano piacer! Dell'amor mio ti fai
 rivale, Ircano, ed il perché non sai?
 IRCANO
 Quante richieste! Alfine
845che vorresti da me?
 SEMIRAMIDE
                                       Da te vorrei
 ragion dell'opre tue.
 MIRTEO
                                        Saper desio
 qual core in seno ascondi.
 SEMIRAMIDE
 Spiegati.
 MIRTEO
                    Non tacer.
 SEMIRAMIDE
                                         Parla.
 MIRTEO
                                                      Rispondi.
 IRCANO
 
    Saper bramate
850tutto il mio core?
 Non vi sdegnate,
 lo spiegherò.
 
    Mi dà diletto
 l'altrui dolore,
855perciò d'affetto
 cangiando vo.
 
    Il genio è strano;
 lo veggo anch'io.
 Ma tento invano
860cangiar desio;
 l'istesso Ircano
 sempre sarò. (Parte)
 
 SCENA V
 
 SEMIRAMIDE e MIRTEO
 
 MIRTEO
 Vedi quanto son io
 sventurato in amore; un tal rivale
865si preferisce a me.
 SEMIRAMIDE
                                     Non è Tamiri
 sposa finor; molto sperar tu puoi.
 Scitalce è prigionier; si rese Ircano
 dell'imeneo col suo rifiuto indegno;
 facilmente otterrai la sposa e il regno.
 MIRTEO
870Che giova il merto? Io soffrirò ma poi
 chi ragion mi farà? Forse Tamiri?
 SEMIRAMIDE
 Avranno i tuoi sospiri
 da lei mercede; a tuo favore io stesso
 tutto farò. Ti bramerei felice.
 MIRTEO
875Come! Goder mi lice
 la tua pietà?
 SEMIRAMIDE
                          Ti meravigli, o prence,
 perché il mio cor non vedi.
 Tu più caro mi sei di quel che credi.
 MIRTEO
 
    Io veggo in lontananza
880fra l'ombre del timor
 di credula speranza
 un languido splendor
 che inganna e piace.
 
    Avvezzo a ritrovarmi
885son io fra tante pene
 che basta a consolarmi
 l'immagine d'un bene
 ancor fallace. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 SEMIRAMIDE sola
 
 SEMIRAMIDE
 Di Scitalce il rifiuto
890è una prova d'amor. Questa mi toglie
 de' tradimenti suoi
 l'immagine dal cor. Questa risveglia
 le mie speranze e questa
 mille teneri affetti in sen mi desta.
895T'intendo, amor, mi vai
 la sua fé rammentando e non gl'inganni.
 Quant'è facile mai
 nelle felicità scordar gli affanni!
 
    Il pastor, se torna aprile,
900non rammenta i giorni algenti;
 dall'ovile all'ombre usate
 riconduce i bianchi armenti
 e l'avene abbandonate
 fa di nuovo risonar.
 
905   Il nocchier, placato il vento,
 più non teme o si scolora;
 ma contento in su la prora
 va cantando in faccia al mar. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 Appartamenti terreni.
 
 SIBARI, poi IRCANO
 
 SIBARI
 L'accortezza che val, se ognor con nuovi
910impensati accidenti
 la fortuna nemica
 d'ogni disegno mio le fila intrica?
 Tutto ho tentato invano,
 vive Scitalce e sa la trama Ircano.
 IRCANO
915Vieni, Sibari.
 SIBARI
                            E dove?
 IRCANO
 A Tamiri.
 SIBARI
                     Perché?
 IRCANO
                                      Voglio che a lei
 discolpi il mio rifiuto.
 SIBARI
                                           Il suo pensiero
 come appagar?
 IRCANO
                               Con palesarle il vero.
 SIBARI
 Il vero!
 IRCANO
                 Sì, tu le dirai ch'io l'amo,
920che per non ber la morte
 la ricusai, ch'era la tazza aspersa
 di nascosto velen, che tua la cura
 fu d'apprestarlo, e che dai detti tui
 l'inganno a favorir sedotto io fui.
 SIBARI
925Signor, che dici? E pubblicar vogliamo
 un delitto comun? Reo della frode
 saresti al par di me. Fra lor di colpa
 differenza non hanno
 chi meditò, chi favorì l'inganno.
 IRCANO
930D'un desio di vendetta alfin Tamiri
 mi creda reo, non del rifiuto; e sappia
 perché la ricusai.
 SIBARI
                                  Troppo mi chiedi,
 ubbidir non poss'io.
 IRCANO
 E ben, taccia il tuo labbro e parli il mio. (In atto di partire)
 SIBARI
935Senti. (Al riparo). Il tuo parlar scompone
 un mio pensier che può giovarti.
 IRCANO
                                                              E quale?
 SIBARI
 Pria che sorga l'aurora, io di Tamiri
 possessor ti farò.
 IRCANO
                                  Come?
 SIBARI
                                                  Al tuo cenno
 su l'Eufrate non hai
940navi, seguaci ed armi?
 IRCANO
                                            E ben che giova?
 SIBARI
 Ai reali giardini il fiume istesso
 bagna le mura e si racchiude in quelli
 di Tamiri il soggiorno. Ove tu voglia
 col soccorso de' tuoi
945l'impresa assicurar, per tal sentiero
 rapir la sposa e a te recarla io spero.
 IRCANO
 Dubbia è l'impresa.
 SIBARI
                                       Anzi sicura. Ognuno
 sarà immerso nel sonno; a quest'insidia
 non v'è chi pensi e incustodito è il loco.
 IRCANO
950Parmi che a poco a poco
 mi piaccia il tuo pensier ma non vorrei...
 SIBARI
 Eh dubitar non dei; fidati, io vado,
 mentre cresce la notte,
 il sito ad esplorar; tu coi più fidi
955dell'Eufrate alle sponde
 sollecito ti rendi.
 IRCANO
 A momenti verrò, vanne e m'attendi.
 SIBARI
 
    Vieni, che poi sereno
 alla tua bella in seno
960ti troverà l'aurora,
 quando riporta il dì.
 
    Farai d'invidia allora
 impallidir gli amanti
 e senz'affanni e pianti
965tu goderai così. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 IRCANO, poi TAMIRI, indi MIRTEO
 
 IRCANO
 Oh qual rossore avranno,
 se m'arride il destino,
 e Scitalce e Mirteo, Tamiri e Nino!
 TAMIRI
 Che si fa? Che si pensa? Ancor non turba
970il valoroso Ircano
 né pur con la minaccia i sonni al reo?
 IRCANO
 Hai difensor più degno; ecco Mirteo.
 TAMIRI
 Prence, che rechi? È vinto (A Mirteo)
 Scitalce ancor?
 MIRTEO
                              Si vincerà, se basta
975esporre a tua difesa il sangue mio.
 TAMIRI
 Il tuo pronto desio
 avrà premio da me.
 IRCANO
                                       Degno d'affetto
 veramente è Mirteo; rozzo in amore
 non è come son io, ne sa gli arcani.
980È sprezzato e nol cura;
 è offeso e non s'adira;
 con legge e con misura
 or piange ed or sospira;
 e pure alla sua fede
985un'ombra di speranza è gran mercede.
 MIRTEO
 Nol niego.
 TAMIRI
                      Al nuovo giorno
 sarà forse mio sposo; ei non invano
 a mio favor s'affanna.
 IRCANO
 Fortunato Mirteo! (Quanto s'inganna!)
 
990   Tu sei lieto, io vivo in pene;
 ma se nacqui sventurato,
 che farò? Soffrir conviene
 del destin la crudeltà.
 
    Voi godete; io del mio fato
995vado a piangere il rigore.
 Così tutta al vostro amore
 lascierò la libertà. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 TAMIRI e MIRTEO
 
 MIRTEO
 Felice me, se un giorno
 pietosa ti vedrò!
 TAMIRI
                                 Se di Scitalce
1000pria non sei vincitor, tu di Tamiri
 possessor non sarai.
 MIRTEO
                                       L'avrei punito,
 s'ei fosse in libertà. Nino lo rese
 suo prigionier.
 TAMIRI
                              Perché?
 MIRTEO
                                               Per vendicarti.
 TAMIRI
 Per vendicarmi! E chi richiese a lui
1005questa vendetta? Io voglio
 che il punisca un di voi.
 MIRTEO
                                              Libero ei vada,
 eccomi pronto.
 TAMIRI
                              A me lascia la cura
 della sua libertà, tu pensa al resto.
 MIRTEO
 Ubbidirò; ma poi
1010stringerò la tua destra?
 TAMIRI
                                             Io mi spiegai
 abbastanza con te.
 MIRTEO
                                    Sì, ma potresti
 pentirti ancor.
 TAMIRI
                              (Quant'è importuno!) Ingiusto
 è il tuo timore.
 MIRTEO
                              Oh dio!
 Così avvezzo son io
1015invano a sospirar che sempre temo,
 sempre m'agita il petto...
 TAMIRI
 Mirteo, cangia favella o cangia affetto.
 Io tollerar non posso
 un languido amator che mi tormenti
1020con assidui lamenti,
 che mai lieto non sia, che sempre innanzi
 mesto mi venga e che tacendo ancora
 con la fronte turbata
 mi rimproveri ognor ch'io sono ingrata.
 MIRTEO
1025Tiranna, e qual tormento
 ti reco mai, se timido e modesto
 di palesarti appena
 ardisco il mio martir? Sola a sdegnarti
 tu sei fra tante e tante
1030al sospirar d'un rispettoso amante.
 
    Fiumicel, che s'ode appena
 mormorar fra l'erbe e i fiori,
 mai turbar non sa l'arena
 e alle ninfe ed ai pastori
1035bell'oggetto è di piacer.
 
    Venticel, che appena scuote
 picciol mirto o basso alloro,
 mai non desta la tempesta;
 ma cagione è di ristoro
1040allo stanco passeggier. (Parte)
 
 SCENA X
 
 TAMIRI, poi SEMIRAMIDE
 
 TAMIRI
 E qual sul mio nemico
 ragione ha Nino? Io chiederò... Ma viene.
 Signor, perché si tiene
 prigioniero Scitalce?
 SEMIRAMIDE
                                         A tuo riguardo.
1045Voglio che a' piedi tuoi supplice, umile
 ti chieda quell'altero
 e perdono e pietà.
 TAMIRI
                                    Gran pena invero!
 Eh non basta al mio sdegno. Io vo' che il petto
 esponga al nudo acciaro; io vo' che sia
1050la sua vita in periglio; e se un rivale
 sugli occhi miei gli trafiggesse il seno,
 nel suo morir sarei contenta appieno.
 SEMIRAMIDE
 Ah mal conviene a tenera donzella
 mostrar fuor del costume
1055di brama sì tiranna il core acceso.
 TAMIRI
 Parli così perché non sei l'offeso.
 La sua morte mi giova.
 SEMIRAMIDE
 (Lo sdegno coll'amor venga alla prova).
 Tamiri, ascolta. Alfine
1060ho desio d'appagarti e già che vuoi
 Scitalce estinto, io la tua brama adempio;
 ma non chiamarmi poi barbaro ed empio.
 TAMIRI
 Anzi giusto, anzi amico
 chiamar ti deggio.
 SEMIRAMIDE
                                    In solitaria parte
1065farò che innanzi a te cada trafitto.
 TAMIRI
 Sì sì. Del tuo delitto
 tardi, ingrato, da me pietà vorrai.
 SEMIRAMIDE
 Che bel piacere avrai del nudo acciaro
 vedergli al primo colpo
1070della morte il terror correr sul viso!
 Veder più volte invano
 la prigioniera mano
 sforzar le sue catene,
 per dar soccorso alle squarciate vene!
1075Inutilmente il labbro
 veder con spessi moti
 tentar gli accenti, la pupilla errante
 i rai cercar della smarrita luce,
 e alternamente il capo
1080a vacillare astretto
 or sul tergo cadergli ed or sul petto!
 TAMIRI
 Oh dio!
 SEMIRAMIDE
                  (Già impallidisce). Odimi; allora
 prima ch'affatto ei mora,
 aprigli il sen con le tue mani istesse.
1085Allor...
 TAMIRI
                Ahimè!
 SEMIRAMIDE
                                 Strappagli allor quel core
 e poi...
 TAMIRI
                Taci una volta.
 SEMIRAMIDE
                                             (Ha vinto amore).
 TAMIRI
 A immagini sì fiere
 oh qual pietade ho intesa!
 SEMIRAMIDE
 Tu parli di pietade e sei l'offesa?
 TAMIRI
1090Troppo crudel mi vuoi.
 SEMIRAMIDE
                                             Ma che vorresti?
 TAMIRI
 Vorrei...
 
 SCENA XI
 
 SIBARI e detti
 
 SIBARI
                   Come imponesti
 Scitalce è qui.
 SEMIRAMIDE
                             L'ascolterò fra poco;
 di' che m'attenda. E ben risolvi; a lui (A Tamiri)
 condoni il fallo? (Sibari parte)
 TAMIRI
                                 No.
 SEMIRAMIDE
                                           Dunque s'uccida.
 TAMIRI
1095Né pur.
 SEMIRAMIDE
                  Vedi ch'io deggio
 Scitalce udir, spiegami i sensi tuoi.
 TAMIRI
 Sì, digli...
 SEMIRAMIDE
                     Che?
 TAMIRI
                                 Dirai... Di' ciò che vuoi.
 
    Non so se sdegno sia,
 non so se sia pietà
1100quella che l'alma mia
 così turbando va.
 Forse tu meglio assai
 l'intenderai di me.
 
    Pensa che odiar vorrei;
1105pensa che il reo mi piace.
 De' giorni miei la pace
 tutta confido a te. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 SEMIRAMIDE, poi SCITALCE senza spada
 
 SEMIRAMIDE
 S'avanzi il prigionier. Mi balza in petto
 impaziente il cor; più non poss'io
1110coll'idol mio dissimular l'affetto.
 SCITALCE
 Eccomi; che si chiede? A nuovi oltraggi
 vuoi forse espormi o di mia morte è l'ora?
 SEMIRAMIDE
 E come hai cor di tormentarmi ancora?
 Deh non fingiamo più. Dimmi che vive
1115nel petto di Scitalce il cor d'Idreno;
 io ti dirò che in seno
 vive del finto Nino
 Semiramide tua, che per salvarti
 ti resi prigionier, ch'io fui l'istessa
1120sempre per te, che ancor l'istessa io sono.
 Torna, torna ad amarmi e ti perdono.
 SCITALCE
 Mi perdoni! E qual fallo?
 Forse i tuoi tradimenti?
 SEMIRAMIDE
                                               Oh stelle! Oh dei!
 I tradimenti miei! Dirlo tu puoi?
1125Tu puoi pensarlo?
 SCITALCE
                                    Udite, ella s'offende,
 come mai non avesse
 tentato il mio morir, com'io veduto
 non avessi il rival, come se alcuno
 non m'avesse avvertito il mio periglio!
1130Rivolgi altrove, o menzognera, il ciglio.
 SEMIRAMIDE
 Che sento! E chi t'indusse
 a credermi sì rea?
 SCITALCE
                                    So che ti spiacque,
 che svanì la tua frode,
 che d'un tradito amante
1135i numi ebber pietà.
 SEMIRAMIDE
                                       Quei numi istessi,
 se v'è giustizia in cielo,
 dell'innocenza mia facciano fede.
 Io tradir l'idol mio? Tu fosti e sei
 luce degli occhi miei,
1140del mio tenero cor tutta la cura.
 Ah se il mio labbro mente,
 di nuovo ingiustamente,
 come già fece Idreno,
 torni Scitalce a trapassarmi il seno.
 SCITALCE
1145Tu vorresti sedurmi; un'altra volta,
 perfida, m'ingannasti;
 trionfane e ti basti;
 più le lagrime tue forza non hanno.
 SEMIRAMIDE
 Invero è un grand'inganno
1150a uno straniero in braccio
 sé stessa abbandonar, lasciar per lui
 la patria, il genitore.
 Se questo è inganno, e qual sarà l'amore?
 SCITALCE
 Eh ti conosco.
 SEMIRAMIDE
                            E mi deride! Udite
1155se mostra de' suoi falli alcun rimorso!
 Io priego, egli m'insulta;
 io tutta umile, egli di sdegno acceso,
 la colpevole io sembro ed ei l'offeso.
 SCITALCE
 No no, la colpa è mia; purtroppo sento
1160rimorso al cor; ma sai di che? D'un colpo
 che lieve fu, che non t'uccise allora.
 SEMIRAMIDE
 Barbaro, non dolerti, hai tempo ancora.
 Eccoti il ferro mio, da te non cerco
 difendermi, o crudel; saziati, impiaga,
1165passami il cor; già la tua mano apprese
 del ferirmi le vie. Mira, son queste
 l'orme del tuo furor; ti volgi altrove?
 Riconoscile, ingrato, e poi mi svena.
 SCITALCE
 Va', non ti credo.
 SEMIRAMIDE
                                  Oh crudeltade! Oh pena!
 
1170   Tradita, sprezzata
 che piango! che parlo! (Da sé)
 se pieno d'orgoglio
 non crede al dolor?
 
    Che possa provarlo
1175quell'anima ingrata, (A Scitalce)
 quel petto di scoglio,
 quel barbaro cor.
 
    Sentirsi morire
 dolente e perduta! (Da sé)
1180Trovarsi innocente!
 Non esser creduta!
 Chi giunge a soffrire
 tormento maggior? (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 SCITALCE solo
 
 SCITALCE
 Partì l'infida e mi lasciò nel seno
1185un tumulto d'affetti
 fra lor nemici. Il suo dolor mi spiace,
 la sua colpa abborrisco; e il core intanto
 di rabbia freme e di pietà sospira
 e mi si desta il pianto in mezzo all'ira.
1190Così fra i dubbi miei
 son crudo a me, non son pietoso a lei.
 
    Passeggier che su la sponda
 sta del naufrago naviglio
 or al legno ed or all'onda
1195fissa il guardo e gira il ciglio;
 teme il mar, teme l'arene;
 vuol gittarsi e si trattiene
 e risolversi non sa.
 
    Pur la vita e lo spavento
1200perde alfin nel mar turbato.
 Quel momento fortunato
 quando mai per me verrà?
 
 Fine dell’atto secondo