Didone abbandonata, Torino, Reale, 1757, II

 SCENA XVI
 
 DIDONE con guardie e detti
 
 OSMIDA
 Siam traditi, o regina. (Con affettato spavento)
420Se più tarda d'Arbace era l'aita,
 il valoroso Enea
 sotto colpo inumano oggi cadea.
 DIDONE
 Il traditor qual è, dove dimora?
 OSMIDA
 Miralo, nella destra ha il ferro ancora. (Accenna Araspe)
 DIDONE
425Chi ti destò nel seno
 sì barbaro desio?
 ARASPE
 Del mio signor la gloria e 'l dover mio.
 DIDONE
 Come? L'istesso Arbace
 disapprova...
 ARASPE
                           Lo so ch'ei mi condanna;
430il suo sdegno pavento;
 ma il mio non fu delitto e non mi pento.
 DIDONE
 E nemmeno hai rossore
 del sacrilego eccesso?
 ARASPE
 Tornerei mille volte a far l'istesso.
 DIDONE
435Ti preverrò. Ministri,
 custodite costui. (Araspe parte tra le guardie)
 ENEA
 Generoso nemico, (A Iarba)
 in te tanta virtude io non credea.
 Lascia che a questo sen...
 IARBA
                                                Scostati Enea.
440Sappi che il viver tuo d'Araspe è dono,
 che il tuo sangue vogl'io, che Iarba io sono.
 DIDONE
 Tu Iarba!
 ENEA
                     Il re de' Mori!
 DIDONE
 Un re sensi sì rei
 non chiude in seno; un mentitor tu sei.
445Si disarmi.
 IARBA
                        Nessuno (Snuda la spada)
 avvicinarsi ardisca o ch'io lo sveno.
 OSMIDA
 (Cedi per poco almeno, (Piano a Iarba)
 finch'io genti raccolga; a me ti fida).
 IARBA
 (E così vil sarò?) (Piano ad Osmida)
 ENEA
                                   Fermate, amici,
450a me tocca il punirlo.
 DIDONE
                                         Il tuo valore
 serba ad uopo miglior. Che più s'aspetta?
 O si renda o svenato al piè mi cada.
 OSMIDA
 (Serbati alla vendetta). (Piano a Iarba)
 IARBA
                                              Ecco la spada. (Getta la spada, che viene raccolta dalle guardie, e parte fra quelle)
 DIDONE
 Frenar l'alma orgogliosa (Ad Osmida)
455tua cura sia.
 OSMIDA
                          Su la mia fé riposa. (Parte appresso Iarba)