Olimpiade, Torino, Reale, 1757

 SCENA XI
 
 LICIDA ed ARISTEA
 
 LICIDA
 Che laberinto è questo! Io non l'intendo.
 Semiviva Aristea... Megacle afflitto...
 ARISTEA
 Oh dio!
 LICIDA
                  Ma già quell'alma
840torna agli usati uffizi. Apri i bei lumi,
 principessa, ben mio.
 ARISTEA
                                          Sposo infedele! (Senza vederlo)
 LICIDA
 Ah! Non dirmi così. Di mia costanza
 ecco in pegno la destra. (La prende per mano)
 ARISTEA
                                              Almeno... Oh stelle! (S’avvede non esser Megacle e ritira la mano)
 Megacle ov'è?
 LICIDA
                             Partì.
 ARISTEA
                                          Partì l'ingrato?
845Ebbe cor di lasciarmi in questo stato?
 LICIDA
 Il tuo sposo restò.
 ARISTEA
                                   Dunque è perduta (S’alza con impeto)
 l'umanità, la fede,
 l'amore, la pietà? Se questi iniqui
 incenerir non sanno,
850numi, i fulmini vostri in ciel che fanno?
 LICIDA
 Son fuor di me. Di', chi t'offese, o cara?
 Parla; brami vendetta? Ecco il tuo sposo,
 ecco Licida...
 ARISTEA
                           Oh dei!
 Tu quel Licida sei! Fuggi, t'invola,
855nasconditi da me. Per tua cagione,
 perfido, mi ritrovo a questo passo.
 LICIDA
 E qual colpa ho commessa? Io son di sasso.
 ARISTEA
 
    Tu me da me dividi,
 barbaro, tu m'uccidi;
860tutto il dolor ch'io sento,
 tutto mi vien da te.
 
    No, non sperar mai pace.
 Odio quel cor fallace;
 oggetto di spavento
865sempre sarai per me. (Parte)