Olimpiade, Torino, Reale, 1757

 SCENA XIII
 
 LICIDA e poi AMINTA
 
 LICIDA
 In angustia più fiera
905io non mi vidi mai. Tutto è in ruina,
 se parla Argene. È forza
 raggiungerla, placarla... E chi trattiene
 la principessa intanto? Il solo amico
 potria... Ma dove andò? Si cerchi. Almeno
910e consiglio e conforto
 Megacle mi darà. (Vuol partire)
 AMINTA
                                    Megacle è morto.
 LICIDA
 Che dici, Aminta!
 AMINTA
                                    Io dico
 purtroppo il ver.
 LICIDA
                                 Come? Perché? Qual empio
 sì bei giorni troncò? Trovisi; io voglio
915ch'esempio di vendetta altrui ne resti.
 AMINTA
 Principe, nol cercar. Tu l'uccidesti.
 LICIDA
 Io! Deliri?
 AMINTA
                       Volesse
 il ciel ch'io delirassi. Odimi. In traccia
 mentre or di te venia, fra quelle piante
920un gemito improvviso
 sento; mi fermo; al suon mi volgo; e miro
 uom che sul nudo acciaro
 prono già s'abbandona. Accorro; al petto
 fo d'una man sostegno,
925con l'altra il ferro svio. Ma quando al volto
 Megacle ravvisai,
 pensa come ei restò, com'io restai!
 Dopo un breve stupore: «Ah qual follia
 bramar ti fa la morte!»
930io volea dirgli, ei mi prevenne. «Aminta,
 ho vissuto abbastanza»
 sospirando mi disse
 dal profondo del cor. «Senza Aristea
 non so viver né voglio. Ah! Son due lustri
935che non vivo che in lei. Licida, oh dio!
 m'uccide e non lo sa. Ma non m'offende.
 Suo dono è questa vita, ei la riprende».
 LICIDA
 Oh amico! E poi?
 AMINTA
                                   Fugge da me, ciò detto,
 come partico stral. Vedi quel sasso,
940signor, colà, che 'l sottoposto Alfeo
 signoreggia ed adombra? Egli v'ascende
 in men che non balena. In mezzo al fiume
 si scaglia; io grido invan. L'onda percossa
 balzò, s'aperse; in frettolosi giri
945si riunì, l'ascose. Il colpo, i gridi
 replicaron le sponde; e più nol vidi.
 LICIDA
 Ah qual orrida scena
 or si scopre al mio sguardo! (Rimane stupido)
 AMINTA
                                                      Almen la spoglia,
 che albergò sì bell'alma,
950vadasi a ricercar. Da' mesti amici
 questi a lui son dovuti ultimi uffici. (Parte)