Didone abbandonata, Torino, Reale, 1757, II

 SCENA VII
 
 Atrio.
 
 ENEA, poi ARASPE
 
 ENEA
 Fral dovere e l'affetto
 ancor dubbioso in petto ondeggia il core.
 Purtroppo il mio valore
 all'impero servì d'un bel sembiante.
745Ah! Una volta l'eroe vinca l'amante.
 ARASPE
 Di te finora in traccia
 scorsi la reggia.
 ENEA
                               Amico,
 vieni fra queste braccia.
 ARASPE
 Allontanati, Enea, son tuo nemico.
750Snuda, snuda quel ferro;
 guerra con te, non amicizia io voglio.
 ENEA
 Tu di Iarba all'orgoglio
 prima m'involi e poi
 guerra mi chiedi ed amistà non vuoi?
 ARASPE
755T'inganni; allor difesi
 la gloria del mio re, non la tua vita.
 Con più nobil ferita
 rendergli a me s'aspetta
 quella, che tolsi a lui, giusta vendetta.
 ENEA
760Enea stringer l'acciaro
 contro il suo difensore?
 ARASPE
                                             Olà, che tardi?
 ENEA
 La mia vita è tuo dono,
 prendila pur, se vuoi; contento io sono.
 Ma ch'io debba a tuo danno armar la mano,
765generoso guerrier, lo speri invano.
 ARASPE
 Se non impugni il brando,
 a ragion ti dirò codardo e vile.
 ENEA
 Questa ad un cor virile
 vergognosa minaccia Enea non soffre.
770Ecco per soddisfarti io snudo il ferro.
 Ma prima i sensi miei
 odan gli uomini tutti, odan gli dei.
 Io son d'Araspe amico;
 io debbo la mia vita al suo valore;
775ad onta del mio core
 discendo al gran cimento
 di codardia tacciato;
 e per non esser vil, mi rendo ingrato. (In atto di battersi)