Olimpiade, Parigi, Hérissant, 1780

 SCENA VII
 
 MEGACLE fra le guardie e detti
 
 LICIDA
 Ah! Vieni, illustre esempio
1270di verace amistà; Megacle amato,
 caro Megacle, vieni.
 MEGACLE
                                       Ah qual ti trovo,
 povero prence!
 LICIDA
                               Il rivederti in vita
 mi fa dolce la morte.
 MEGACLE
                                        E che mi giova
 una vita che invano
1275voglio offrir per la tua? Ma molto innanzi,
 Licida, non andrai. Noi passeremo
 ombre amiche indivise il guado estremo.
 LICIDA
 O delle gioie mie, de' miei martiri,
 finché piacque al destin, dolce compagno,
1280separarci convien. Poiché siam giunti
 agli ultimi momenti,
 quella destra fedel porgimi e senti.
 Sia preghiera o comando,
 vivi; io bramo così. Pietoso amico
1285chiudimi tu di propria mano i lumi;
 ricordati di me. Ritorna in Creta
 al padre mio... Povero padre! A questo
 preparato non sei colpo crudele.
 Deh tu l'istoria amara
1290raddolcisci narrando. Il vecchio afflitto
 reggi, assisti, consola;
 lo raccomando a te. Se piange, il pianto
 tu gli asciuga sul ciglio;
 e in te, se un figlio vuol, rendigli un figlio.
 MEGACLE
1295Taci; mi fai morir.
 CLISTENE
                                     Non posso, Alcandro,
 resister più. Guarda que' volti; osserva
 que' replicati amplessi,
 que' teneri sospiri e que' confusi
 fra le lagrime alterne ultimi baci.
1300Povera umanità!
 ALCANDRO
                                  Signor, trascorre
 l'ora permessa al sacrifizio.
 CLISTENE
                                                    È vero.
 Olà, sacri ministri,
 la vittima prendete. E voi, custodi,
 dall'amico infelice
1305dividete colui. (Sono divisi da’ sacerdoti e da’ custodi)
 MEGACLE
                              Barbari! Ah voi
 avete dal mio sen svelto il cor mio!
 LICIDA
 Ah dolce amico!
 MEGACLE
                                Ah caro prence!
 LICIDA, MEGACLE
                                                               Addio. (Guardandosi da lontano)
 CORO
 
    I tuoi strali terror de' mortali
 ah! sospendi, gran padre de' numi,
1310ah! deponi, gran nume de' re. (Nel tempo che si canta il coro, Licida va ad inginocchiarsi a piè dell’ara appresso al sacerdote. Il re prende la sacra scure che gli vien presentata sopra un bacile da un de’ ministri del tempio; e nel porgerla al sacerdote canta i seguenti versi, accompagnati da grave sinfonia)
 
 CLISTENE
 O degli uomini padre e degli dei,
 onnipotente Giove
 al cui cenno si move
 il mar, la terra, il ciel, di cui ripieno
1315è l'universo e dalla man di cui
 pende d'ogni cagione e d'ogni evento
 la connessa catena,
 questa, che a te si svena,
 sacra vittima accogli. Essa i funesti
1320che ti splendono in man folgori arresti. (Nel porgere la scure al sacerdote viene interrotto da Argene)