Didone abbandonata, Torino, Reale, 1757, II

 SCENA XI
 
 Gabinetto con sedie.
 
 DIDONE, poi ENEA
 
 DIDONE
 Incerta del mio fato
850io più viver non voglio; è tempo omai
 che per l'ultima volta Enea si tenti.
 Se dirgli i miei tormenti,
 se la pietà non giova,
 faccia la gelosia l'ultima prova.
 ENEA
855Ad ascoltar di nuovo
 i rimproveri tuoi vengo, o regina.
 So che vuoi dirmi ingrato,
 perfido, mancator, spergiuro, indegno;
 chiamami come vuoi, sfoga il tuo sdegno.
 DIDONE
860No, sdegnata io non sono. Infido, ingrato,
 perfido, mancator più non ti chiamo;
 rammentarti non bramo i nostri ardori;
 da te chiedo consigli e non amori.
 Siedi. (Siedono)
 ENEA
                (Che mai dirà?)
 DIDONE
                                                Già vedi, Enea,
865che fra nemici è il mio nascente impero.
 Sprezzai finora, è vero,
 le minacce e 'l furor; ma Iarba offeso,
 quando priva sarò del tuo sostegno,
 mi torrà per vendetta e vita e regno.
870In così dubbia sorte
 ogni rimedio è vano;
 deggio incontrar la morte
 o al superbo african porger la mano.
 L'uno e l'altro mi spiace e son confusa.
875Alfin femmina e sola,
 lungi dal patrio ciel perdo il coraggio;
 e non è meraviglia
 s'io risolver non so; tu mi consiglia.
 ENEA
 Dunque fuor che la morte
880o il funesto imeneo,
 trovar non si potria scampo migliore?
 DIDONE
 V'era purtroppo.
 ENEA
                                  E quale?
 DIDONE
 Se non sdegnava Enea d'esser mio sposo,
 l'Africa avrei veduta
885dall'arabico seno al mar d'Atlante
 in Cartago adorar la sua regnante.
 E di Troia e di Tiro
 rinnovar si potea... Ma che ragiono?
 L'impossibil mi fingo e folle io sono.
890Dimmi, che far degg'io? Con alma forte,
 come vuoi, sceglierò Iarba o la morte.
 ENEA
 Iarba o la morte! E consigliarti io deggio?
 Colei che tanto adoro
 all'odiato rival vedere in braccio?
895Colei...
 DIDONE
                 Se tanta pena
 trovi nelle mie nozze, io le ricuso;
 ma per tormi agl'insulti,
 necessario è il morir. Stringi quel brando,
 svena la tua fedele;
900è pietà con Didone esser crudele.
 ENEA
 Ch'io ti sveni? Ah! Più tosto
 cada sopra di me del ciel lo sdegno.
 Prima scemin gli dei,
 per accrescer tuoi giorni, i giorni miei.
 DIDONE
905Dunque a Iarba mi dono. Olà. (Esce un paggio)
 ENEA
                                                          Deh ferma.
 Troppo, oh dio! per mia pena
 sollecita tu sei.
 DIDONE
                              Dunque mi svena.
 ENEA
 No, si ceda al destino; a Iarba stendi
 la tua destra real; di pace priva
910resti l'alma d'Enea, purché tu viva.
 DIDONE
 Giacché d'altri mi brami,
 appagarti saprò. Iarba si chiami. (Il paggio parte)
 Vedi quanto son io
 ubbidiente a te.
 ENEA
                                Regina, addio. (S’alzano)
 DIDONE
915Dove, dove? T'arresta.
 Del felice imeneo
 ti voglio spettatore.
 (Resister non potrà).
 ENEA
                                         (Costanza, o core).