Demofoonte, Vienna, van Ghelen, 1733

 SCENA IV
 
 TIMANTE solo
 
 TIMANTE
 Misero me! Qual gelido torrente
 mi ruina sul cor! Qual nero aspetto
 prende la sorte mia! Tante sventure
 comprendo alfin; perseguitava il cielo
1210un vietato imeneo. Le chiome in fronte
 mi sento sollevar. Suocero e padre
 m'è dunque il re! Figlio e nipote Olinto!
 Dircea moglie e germana! Ah qual funesta
 confusion d'opposti nomi è questa.
1215Fuggi, fuggi Timante. Agli occhi altrui
 non esporti mai più. Ciascuno a dito
 ti mostrerà. Del genitor cadente
 tu sarai la vergogna; e quanto, oh dio,
 si parlerà di te. Tracia infelice
1220ecco l'Edipo tuo. D'Argo e di Tebe
 le furie in me tu rinnovar vedrai.
 Ah non t'avessi mai
 conosciuta Dircea. Moti del sangue
 eran quei ch'io credevo
1225violenze d'amor. Che infausto giorno
 fu quel che pria ti vidi! I nostri affetti
 che orribili memorie
 saran per noi! Che mostruoso oggetto
 a me stesso io divengo! Odio la luce;
1230ogn'aura mi spaventa; al piè tremante
 parmi che manchi il suol; strider mi sento
 cento folgori intorno e leggo, oh dio,
 scolpito in ogni sasso il fallo mio.