Didone abbandonata, Torino, Reale, 1757, II

 SCENA V
 
 ENEA con seguito di troiani e detti
 
 ENEA
 Siam tutti alfin raccolti. Alcun non manca (Uscendo Enea fuggono i mori e lasciano legato Osmida)
 de' dispersi compagni. E ben si tronchi
1080ogni dimora alfin; sereno è il cielo;
 l'aure e l'onde son chiare;
 alle navi, alle navi; al mare, al mare.
 OSMIDA
 Invitto eroe.
 ENEA
                          Che avvenne?
 OSMIDA
                                                      In questo stato
 Iarba, il barbaro re...
 ENEA
                                         Comprendo. Amici
1085si ponga Osmida in libertà. (L'indegno
 da chi men può sperarlo abbia soccorso (I troiani vanno a sciogliere Osmida)
 ed apprenda virtù dal suo rimorso).
 OSMIDA
 Ah! Lascia, eroe pietoso, (S’inginocchia)
 che grato a sì gran don...
 ENEA
                                               Sorgi ed altrove
1090rivolgi i passi tuoi.
 OSMIDA
 Grato a virtù sì rara...
 ENEA
 Se grato esser mi vuoi,
 ad esser fido un'altra volta impara.
 OSMIDA
 
    Quando l'onda, che nasce dal monte,
1095al suo fonte ritorni dal prato,
 sarò ingrato a sì bella pietà.
 
    Fia del giorno la notte più chiara,
 se a scordarsi quest'anima impara
 di quel braccio che vita mi dà. (Parte)