Didone abbandonata, Torino, Reale, 1757, II

 SCENA VI
 
 ENEA e SELENE frettolosa
 
 ENEA
1100Principessa, ove corri?
 SELENE
                                            A te. M'ascolta.
 ENEA
 Se brami un'altra volta
 rammentarmi l'amor, t'adopri invano.
 SELENE
 Ma che farà Didone?
 ENEA
                                         Al partir mio
 manca ogni suo periglio.
1105La mia presenza i suoi nemici irrita.
 Iarba al trono l'invita;
 stenda a Iarba la destra e si consoli. (In atto di partire)
 SELENE
 Senti, se a noi t'involi,
 non sol Didone, ancor Selene uccidi.
 ENEA
1110Come!
 SELENE
                Dal dì ch'io vidi il tuo sembiante,
 celai timida amante
 l'amor mio, la mia fede;
 ma vicina a morir chiedo mercede,
 mercé, se non d'amore,
1115almeno di pietà, mercé...
 ENEA
                                                Selene,
 ormai più del tuo foco
 non mi parlar né degli affetti altrui.
 Non più amante qual fui, guerriero or sono.
 Torno al costume antico;
1120chi trattien le mie glorie è mio nemico.
 
    A trionfar mi chiama
 un bel desio d'onore
 e già sopra il mio core
 comincio a trionfar.
 
1125   Con generosa brama,
 fra i rischi e le ruine,
 di nuovi allori il crine
 io volo a circondar. (Parte)