Demofoonte, Parigi, Quillau, 1755

 SCENA II
 
 TIMANTE e poi CHERINTO
 
 TIMANTE
 Perché bramar la vita? E quale in lei
 piacer si trova? Ogni fortuna è pena,
 è miseria ogni età. Tremiam fanciulli
1035d'un guardo al minacciar; siam giuoco adulti
 di fortuna e d'amor; gemiam canuti
 sotto il peso degli anni; or ne tormenta
 la brama d'ottenere; or ne trafigge
 di perdere il timore. Eterna guerra
1040hanno i rei con sé stessi; i giusti l'hanno
 con l'invidia e la frode. Ombre, deliri,
 sogni, follie son nostre cure; e quando
 il vergognoso errore
 a scoprir s'incomincia, allor si muore.
1045Ah si mora una volta...
 CHERINTO
                                            Amato prence,
 vieni al mio sen. (L’abbraccia)
 TIMANTE
                                  Così sereno in volto
 mi dai gli estremi amplessi? E queste sono
 le lagrime fraterne
 dovute al mio morir?
 CHERINTO
                                          Che amplessi estremi,
1050che lagrime, che morte? Il più felice
 tu sei d'ogni mortal. Placato il padre
 è già con te; tutto obliò. Ti rende
 la tenerezza sua, la sposa, il figlio,
 la libertà, la vita.
 TIMANTE
                                  A poco a poco,
1055Cherinto, per pietà. Troppe son queste
 troppe gioie in un punto. Io verrei meno
 già di piacer, se ti credessi a pieno.
 CHERINTO
 Non dubitar, Timante.
 TIMANTE
                                            E come il padre
 cambiò pensier? Quando partì dal tempio,
1060me con Dircea voleva estinto.
 CHERINTO
                                                        Il disse;
 e l'eseguia, che inutilmente ognuno
 s'affannò per placarlo. Io cominciavo,
 principe, a disperar, quando comparve
 Creusa in tuo soccorso.
 TIMANTE
                                            In mio soccorso
1065Creusa che oltraggiai!
 CHERINTO
                                           Creusa. Ah tutti
 di quell'anima bella
 tu non conosci i pregi. E che non disse,
 che non fe' per salvarti? I merti tuoi
 come ingrandì! Come scemò l'orrore
1070del fallo tuo! Per quante strade e quante
 il cor gli ricercò! Parlar per voi
 fece l'utile, il giusto,
 la gloria, la pietà. Sé stessa offesa
 gli propose in esempio
1075e lo fece arrossir. Quand'io m'avvidi
 che il genitor già vacillava, allora
 volo, il ciel m'inspirò, cerco Dircea;
 con Olinto la trovo; entrambi appresso
 frettoloso mi traggo; e al regio ciglio
1080presento in quello stato e madre e figlio.
 Questo tenero assalto
 terminò la vittoria. O sia che l'ira
 per soverchio avvampar fosse già stanca,
 o che allor tutte in lui
1085le sue ragioni esercitasse il sangue,
 il re cedé; si raddolcì; dal suolo
 la nuora sollevò; si strinse al petto
 l'innocente bambin; gli sdegni suoi
 calmò; s'intenerì; pianse con noi.
 TIMANTE
1090Oh mio dolce germano!
 Oh caro padre mio! Cherinto, andiamo,
 andiamo a lui.
 CHERINTO
                              No; il fortunato avviso
 recarti ei vuol. Si sdegnerà se vede
 ch'io lo prevenni.
 TIMANTE
                                   E tanto amore e tanta
1095tenerezza ha per me che fino ad ora
 la meritai sì poco! Oh come chiari
 la sua bontà rende i miei falli! Adesso
 gli veggo e n'ho rossor. Potessi almeno
 di lui col re di Frigia
1100disimpegnar la fé. Cherinto, ah salva
 l'onor suo tu che puoi. La man di sposo
 offri a Creusa in vece mia. Difendi
 da una pena infinita
 gli ultimi dì della paterna vita.
 CHERINTO
1105Che mi proponi, o prence! Ah per Creusa,
 sappilo alfin, non ho riposo. Io l'amo
 quanto amar si può mai. Ma...
 TIMANTE
                                                         Che?
 CHERINTO
                                                                     Non spero
 ch'ella m'accetti. Al successor reale
 sai che fu destinata. Io non son tale.
 TIMANTE
1110Altro inciampo non v'è?
 CHERINTO
                                              Grande abbastanza
 questo mi par.
 TIMANTE
                              Va'; la paterna fede
 disimpegna, o german. Tu sei l'erede.
 CHERINTO
 Io?
 TIMANTE
          Sì. Già lo saresti,
 s'io non vivea per te. Ti rendo, o prence,
1115parte sol del tuo dono
 quando ti cedo ogni ragione al trono.
 CHERINTO
 E il genitore...
 TIMANTE
                             E il genitore almeno
 non vedremo arrossir. Povero padre!
 Posso far men per lui? Che cosa è un regno
1120a paragon di tanti
 beni ch'egli mi rende?
 CHERINTO
                                            Ah perde assai
 chi lascia una corona.
 TIMANTE
 Sempre è più quel che resta a chi la dona.
 CHERINTO
 
    Nel tuo dono io veggo assai
1125che del don maggior tu sei;
 nessun trono invidierei
 come invidio il tuo gran cor.
 
    Mille moti in un momento
 tu mi fai svegliar nel petto
1130di vergogna, di rispetto,
 di contento e di stupor. (Parte)