Didone abbandonata, Torino, Reale, 1757, II

 SCENA XVIII
 
 DIDONE, SELENE e OSMIDA
 
 OSMIDA
1320Cedi a Iarba, o Didone.
 SELENE
 Conserva con la tua la nostra vita.
 DIDONE
 Solo per vendicarmi
 del traditore Enea,
 ch'è la prima cagion de' mali miei,
1325l'aure vitali io respirar vorrei.
 Ah! Faccia il vento almeno,
 facciano almen gli dei le mie vendette.
 E folgori e saette
 e turbini e tempeste
1330rendano l'aure e l'onde a lui funeste.
 Vada rammingo e solo; e la sua sorte
 così barbara sia
 che si riduca ad invidiar la mia.
 SELENE
 Deh modera il tuo sdegno; anch'io l'adoro
1335e soffro il mio tormento.
 DIDONE
                                               Adori Enea?
 SELENE
 Sì, ma per tua cagione...
 DIDONE
                                               Ah disleale!
 Tu rivale al mio amor?
 SELENE
                                            Se fui rivale,
 ragion non hai...
 DIDONE
                                 Dagli occhi miei t'invola,
 non accrescer più pene
1340ad un cor disperato.
 SELENE
 (Misera donna, ove la guida il fato!) (Parte)