La clemenza di Tito, Vienna, van Ghelen, 1734

 SCENA VI
 
 ANNIO e poi SERVILIA
 
 ANNIO
305Non ci pentiam. D'un generoso amante
 era questo il dover. Se a lei che adoro
 per non esserne privo
 tolto l'impero avessi, amato avrei
 il mio piacer, non lei. Mio cor deponi
310le tenerezze antiche; è tua sovrana
 chi fu l'idolo tuo. Cambiar conviene
 in rispetto l'amore. Eccola. Oh dei!
 Mai non parve sì bella agli occhi miei.
 SERVILIA
 Mio ben...
 ANNIO
                      Taci Servilia. Ora è delitto
315il chiamarmi così.
 SERVILIA
                                    Perché?
 ANNIO
                                                     Ti scelse
 Cesare (che martir!) per sua consorte.
 A te (morir mi sento) a te m'impose
 di recarne l'avviso (oh pena!) ed io...
 io fui... (Parlar non posso). Augusta addio.
 SERVILIA
320Come! Fermati. Io sposa
 di Cesare! E perché?
 ANNIO
                                         Perché non trova
 beltà, virtù che sia
 più degna d'un impero, anima... Oh stelle!
 Che dirò? Lascia, Augusta,
325deh lasciami partir.
 SERVILIA
                                       Così confusa
 abbandonar mi vuoi? Spiegati; dimmi,
 come fu? Per qual via...
 ANNIO
 Mi perdo s'io non parto anima mia.
 
    Ah perdona al primo affetto
330quest'accento sconsigliato;
 colpa fu del labbro usato
 a chiamarti ognor così.
 
    Mi fidai del mio rispetto
 che vegliava in guardia al core;
335ma il rispetto dall'amore
 fu sedotto e mi tradì. (Parte)