La clemenza di Tito, Parigi, Quillau, 1755

 SCENA V
 
  Innanzi atrio del tempio di Giove Statore, luogo già celebre per le adunanze del Senato; indietro parte del Foro romano, magnificamente adornato d’archi, obelischi e trofei; da’ lati veduta in lontano del monte Palatino e d’un gran tratto della via Sacra; in faccia aspetto esteriore del Campidoglio e magnifica strada per cui vi si ascende.
 
 Nell’atrio sudetto saranno PUBLIO e i senatori romani ed i legati delle provincie soggette destinati a presentare al Senato gli annui imposti tributi. Mentre TITO preceduto da’ littori, seguito da’ pretoriani e circondato da numeroso popolo scende dal Campidoglio, cantasi il seguente
 
 CORO
 
    Serbate, o dei custodi
 della romana sorte,
 in Tito il giusto, il forte,
 l'onor di nostra età.
 
180   Voi gl'immortali allori
 su la cesarea chioma,
 voi custodite a Roma
 la sua felicità.
 
    Fu vostro un sì gran dono,
185sia lungo il dono vostro;
 l'invidi al mondo nostro
 il mondo che verrà. (Nel fine del coro sudetto giunge Tito nell’atrio, nel tempo medesimo Annio e Sesto da diverse parti)
 
 PUBLIO
 Te della patria il padre (A Tito)
 oggi appella il Senato; e mai più giusto
190non fu ne' suoi decreti, o invitto Augusto.
 ANNIO
 Né padre sol ma sei
 suo nume tutelar. Più che mortale
 giacché altrui ti dimostri, a' voti altrui
 comincia ad avvezzarti. Eccelso tempio
195ti destina il Senato; e là si vuole
 che fra divini onori
 anche il nume di Tito il Tebro adori.
 PUBLIO
 Quei tesori che vedi
 delle serve provincie annui tributi
200all'opra consagriam. Tito non sdegni
 questi del nostro amor pubblici segni.
 TITO
 Romani, unico oggetto
 è dei voti di Tito il vostro amore;
 ma il vostro amor non passi
205tanto i confini suoi
 che debbano arrossirne e Tito e voi.
 Più tenero, più caro
 nome che quel di padre
 per me non v'è; ma meritarlo io voglio,
210ottenerlo non curo. I sommi dei
 quanto imitar mi piace
 abborrisco emular. Gli perde amici
 chi gli vanta compagni; e non si trova
 follia la più fatale
215che potersi scordar d'esser mortale.
 Quegli offerti tesori
 non ricuso però. Cambiarne solo
 l'uso pretendo. Udite. Oltre l'usato
 terribile il Vesevo ardenti fiumi
220dalle fauci eruttò; scosse le rupi;
 riempié di ruine
 i campi intorno e le città vicine.
 Le desolate genti
 fuggendo van; ma la miseria opprime
225quei che al fuoco avanzar. Serva quell'oro
 di tanti afflitti a riparar lo scempio.
 Questo, o Romani, è fabbricarmi il tempio.
 ANNIO
 Oh vero eroe!
 PUBLIO
                            Quanto di te minori
 tutti i premi son mai, tutte le lodi!
 CORO
 
230   Serbate, o dei custodi
 della romana sorte,
 in Tito il giusto, il forte,
 l'onor di nostra età.
 
 TITO
 Basta, basta, o Quiriti.
235Sesto a me s'avvicini; Annio non parta;
 ogni altro si allontani. (Si ritirano tutti fuori dell’atrio e vi rimangono Tito e Sesto)
 ANNIO
                                           (Adesso, o Sesto,
 parla per me).
 SESTO
                              Come, signor, potesti
 la tua bella regina...
 TITO
                                       Ah Sesto amico,
 che terribil momento! Io non credei...
240Basta, ho vinto, partì. Grazie agli dei.
 Giusto è ch'io pensi adesso
 a compir la vittoria. Il più si fece.
 Facciasi il meno.
 SESTO
                                  E che più resta?
 TITO
                                                                  A Roma
 togliere ogni sospetto
245di vederla mia sposa.
 SESTO
                                          Assai lo toglie
 la sua partenza.
 TITO
                                Un'altra volta ancora
 partissi e ritornò. Del terzo incontro
 dubitar si potrebbe; e finché vuoto
 il mio talamo sia d'altra consorte,
250chi sa gli affetti miei
 sempre dirà ch'io lo conservo a lei.
 Il nome di regina
 troppo Roma abborisce; una sua figlia
 vuol veder sul mio soglio
255e appagarla convien. Già che l'amore
 scelse invano i miei lacci, io vo' che almeno
 l'amicizia or gli scelga. Al tuo s'unisca,
 Sesto, il cesareo sangue. Oggi mia sposa
 sarà la tua germana.
 SESTO
260Servilia!
 TITO
                   Appunto.
 ANNIO
                                       (Oh me infelice!)
 SESTO
                                                                         (Oh dei!
 Annio è perduto).
 TITO
                                    Udisti?
 Che dici? Non rispondi?
 SESTO
                                               E chi potrebbe
 risponderti, o signor? M'opprime a segno
 la tua bontà che non ho cor... Vorrei...
 ANNIO
265(Sesto è in pena per me).
 TITO
                                                 Spiegati. Io tutto
 farò per tuo vantaggio.
 SESTO
 (Ah si serva l'amico).
 ANNIO
                                          (Annio, coraggio).
 SESTO
 Tito... (Risoluto)
 ANNIO
               Augusto, io conosco (Come sopra)
 di Sesto il cor. Fin dalla cuna insieme
270tenero amor ne stringe. Ei di sé stesso
 modesto estimator teme che sembri
 sproporzionato il dono. E non s'avvede
 ch'ogni distanza eguaglia
 d'un cesare il favor. Ma tu consiglio
275da lui prender non dei. Come potresti
 sposa elegger più degna
 dell'impero e di te? Virtù, bellezza,
 tutto è in Servilia. Io le conobbi in volto
 ch'era nata a regnar. De' miei presagi
280l'adempimento è questo.
 SESTO
 (Annio parla così! Sogno o son desto?)
 TITO
 E ben, recane a lei,
 Annio, tu la novella. E tu mi siegui,
 amato Sesto; e queste
285tue dubbiezze deponi. Avrai tal parte
 tu ancor nel soglio e tanto
 t'innalzerò che resterà ben poco
 dello spazio infinito
 che fraposer gli dei fra Sesto e Tito.
 SESTO
290Questo è troppo, o signor. Modera almeno,
 se ingrati non ci vuoi,
 modera, Augusto, i benefizi tuoi.
 TITO
 Ma che, se mi niegate
 che benefico io sia, che mi lasciate?
 
295   Del più sublime soglio
 l'unico frutto è questo;
 tutto è tormento il resto
 e tutto è servitù.
 
    Che avrei, se ancor perdessi
300le sole ore felici
 ch'ho nel giovar gli oppressi,
 nel sollevar gli amici,
 nel dispensar tesori
 al merto e a la virtù? (Parte)