La clemenza di Tito, Parigi, Quillau, 1755

 SCENA VI
 
 ANNIO e poi SERVILIA
 
 ANNIO
305Non ci pentiam. D'un generoso amante
 era questo il dover. Se a lei che adoro
 per non esserne privo
 tolto l'impero avessi, amato avrei
 il mio piacer, non lei. Mio cor, deponi
310le tenerezze antiche; è tua sovrana
 chi fu l'idolo tuo. Cambiar conviene
 in rispetto l'amore. Eccola. Oh dei!
 Mai non parve sì bella agli occhi miei.
 SERVILIA
 Mio ben...
 ANNIO
                      Taci, Servilia. Ora è delitto
315il chiamarmi così.
 SERVILIA
                                    Perché?
 ANNIO
                                                     Ti scelse
 Cesare (che martir!) per sua consorte.
 A te (morir mi sento) a te m'impose
 di recarne l'avviso (oh pena!) ed io...
 io fui... (Parlar non posso). Augusta addio.
 SERVILIA
320Come! Fermati. Io sposa
 di Cesare! E perché?
 ANNIO
                                         Perché non trova
 beltà, virtù che sia
 più degna d'un impero, anima... Oh stelle!
 Che dirò? Lascia, Augusta,
325deh lasciami partir.
 SERVILIA
                                       Così confusa
 abbandonar mi vuoi? Spiegati, dimmi,
 come fu? Per qual via...
 ANNIO
 Mi perdo s'io non parto, anima mia.
 
    Ah perdona al primo affetto
330quest'accento sconsigliato;
 colpa fu del labbro usato
 a chiamarti ognor così.
 
    Mi fidai del mio rispetto
 che vegliava in guardia al core;
335ma il rispetto dall'amore
 fu sedotto e mi tradì. (Parte)