La clemenza di Tito, Parigi, Quillau, 1755

 SCENA PRIMA
 
  Camera chiusa con porte, sedia e tavolino con sopra da scrivere.
 
 TITO e PUBLIO
 
 PUBLIO
 Già de' pubblici giuochi,
 signor, l'ora trascorre. Il dì solenne
 sai che non soffre il trascurargli. È tutto
 colà d'intorno alla festiva arena
1065il popolo raccolto; e non si attende
 che la presenza tua. Ciascun sospira
 dopo il noto periglio
 di rivederti salvo. Alla tua Roma
 non differir sì bel contento.
 TITO
                                                    Andremo
1070Publio fra poco. Io non avrei riposo,
 se di Sesto il destino
 pria non sapessi. Avrà 'l Senato ormai
 le sue discolpe udite; avrà scoperto,
 vedrai, ch'egli è innocente; e non dovrebbe
1075tardar molto l'avviso.
 PUBLIO
                                         Ah troppo chiaro
 Lentulo favellò.
 TITO
                               Lentulo forse
 cerca al fallo un compagno
 per averlo al perdono. Ei non ignora
 quanto Sesto m'è caro. Arte comune
1080questa è de' rei. Pur dal Senato ancora
 non torna alcun! Che mai sarà? Va', chiedi
 che si fa, che s'attende. Io tutto voglio
 saper pria di partir.
 PUBLIO
                                       Vado. Ma temo
 di non tornar nunzio felice.
 TITO
                                                    E puoi
1085creder Sesto infedele? Io dal mio core
 il suo misuro; e un impossibil parmi
 ch'egli m'abbia tradito.
 PUBLIO
 Ma, signor, non han tutti il cor di Tito.
 
    Tardi s'avvede
1090d'un tradimento
 chi mai di fede
 mancar non sa.
 
    Un cor verace,
 pieno d'onore
1095non è portento
 se ogn'altro core
 crede incapace
 d'infedeltà. (Parte)