La clemenza di Tito, Parigi, Quillau, 1755

 SCENA XIII
 
 PUBLIO e SESTO fra’ littori, poi VITELLIA e detti
 
 TITO
 Sesto, de' tuoi delitti
 tu sai la serie e sai
 qual pena ti si dee. Roma sconvolta,
 l'offesa maestà, le leggi offese,
1450l'amicizia tradita, il mondo, il cielo
 voglion la morte tua. De' tradimenti
 sai pur ch'io son l'unico oggetto; or senti.
 VITELLIA
 Eccoti, eccelso Augusto, (S’inginocchia)
 eccoti al piè la più confusa...
 TITO
                                                     Ah sorgi,
1455che fai? Che brami?
 VITELLIA
                                        Io ti conduco innanzi
 l'autor dell'empia trama.
 TITO
                                                Ov'è? Chi mai
 preparò tante insidie al viver mio?
 VITELLIA
 Nol crederai.
 TITO
                           Perché?
 VITELLIA
                                            Perché son io.
 TITO
 Tu ancora!
 SESTO, SERVILIA
                       Oh stelle!
 ANNIO, PUBLIO
                                           Oh numi!
 TITO
                                                                E quanti mai
1460quanti siete a tradirmi?
 VITELLIA
                                               Io la più rea
 son di ciascuno; io meditai la trama;
 il più fedele amico
 io ti sedussi; io del suo cieco amore
 a tuo danno abusai.
 TITO
                                       Ma del tuo sdegno
1465chi fu cagion?
 VITELLIA
                             La tua bontà. Credei
 che questa fosse amor. La destra e il trono
 da te speravo in dono e poi negletta
 restai due volte e procurai vendetta.
 TITO
 Ma che giorno è mai questo! Al punto istesso
1470che assolvo un reo, ne scopro un altro! E quando
 troverò, giusti numi,
 un'anima fedel? Congiuran gli astri
 cred'io per obbligarmi a mio dispetto
 a diventar crudel. No; non avranno
1475questo trionfo. A sostener la gara
 già s'impegnò la mia virtù. Vediamo
 se più costante sia
 l'altrui perfidia o la clemenza mia.
 Olà, Sesto si sciolga; abbian di nuovo
1480Lentulo e i suoi seguaci
 e vita e libertà; sia noto a Roma
 ch'io son l'istesso e ch'io
 tutto so, tutti assolvo e tutto obblio.
 ANNIO, PUBLIO
 Oh generoso!
 SERVILIA
                            E chi mai giunse a tanto!
 SESTO
1485Io son di sasso!
 VITELLIA
                               Io non trattengo il pianto.
 TITO
 Vitellia, a te promisi
 la destra mia ma...
 VITELLIA
                                     Lo conosco, Augusto,
 non è per me; dopo un tal fallo, il nodo
 mostruoso saria.
 TITO
                                 Ti bramo in parte
1490contenta almeno. Una rival sul trono
 non vedrai, tel prometto. Altra io non voglio
 sposa che Roma; i figli miei saranno
 i popoli soggetti;
 serbo indivisi a lor tutti gli affetti.
1495Tu d'Annio e di Servilia
 agl'imenei felici unisci i tuoi,
 principessa, se vuoi. Concedi pure
 la destra a Sesto; il sospirato acquisto
 già gli costa abbastanza.
 VITELLIA
                                              Infin ch'io viva
1500fia sempre il tuo voler legge al mio core.
 SESTO
 Ah Cesare, ah signore! E poi non soffri
 che t'adori la terra? E che destini
 tempi il Tebro al tuo nume? E come e quando
 sperar potrò che la memoria amara
1505de' falli miei...
 TITO
                              Sesto, non più; torniamo
 di nuovo amici; e de' trascorsi tuoi
 non si parli più mai. Dal cor di Tito
 già cancellati sono;
 me gli scordo, t'abbraccio e ti perdono.
 CORO
 
1510   Che del ciel, che degli dei
 tu il pensier, l'amor tu sei,
 grand'eroe, nel giro angusto
 si mostrò di questo dì.
 
    Ma cagion di meraviglia
1515non è già, felice Augusto,
 che gli dei chi lor somiglia
 custodiscano così.