Didone abbandonata, Parigi, Hérissant, 1780

 SCENA VIII
 
  Reggia con veduta della città di Cartagine in prospetto che poi s’incendia.
 
 DIDONE e poi OSMIDA
 
 DIDONE
 
    Va crescendo il mio tormento;
1145io lo sento e non l'intendo;
 giusti dei, che mai sarà!
 
 OSMIDA
 Deh regina, pietà!
 DIDONE
                                    Che rechi, amico?
 OSMIDA
 Ah no, così bel nome
 non merta un traditore,
1150d'Enea, di te nemico e del tuo amore.
 DIDONE
 Come!
 OSMIDA
                Con la speranza
 di posseder Cartago,
 m'offersi a Iarba; ei m'accettò; si valse
 finor di me; poi per mercé volea
1155l'empio svenarmi; e mi difese Enea.
 DIDONE
 Reo di tanto delitto hai fronte ancora
 di presentarti a me?
 OSMIDA
                                        Sì, mia regina. (S’inginocchia)
 Tu vedi un infelice
 che non spera il perdono e nol desia;
1160chiedo a te per pietà la pena mia.
 DIDONE
 Sorgi. Quante sventure!
 Misera me, sotto qual astro io nacqui!
 Manca ne' miei più fidi...