Didone abbandonata, Parigi, Hérissant, 1780

 SCENA XVII
 
 IARBA con guardie e detti
 
 IARBA
 Fermati.
 DIDONE
                    Oh dei!
 IARBA
                                     Dove così smarrita?
1275Forse al fedel troiano
 corri a stringer la mano?
 Va' pure, affretta il piede,
 che al talamo reale ardon le tede.
 DIDONE
 Lo so, questo è il momento
1280delle vendette tue; sfoga il tuo sdegno
 or che ogni altro sostegno il ciel mi fura.
 IARBA
 Già ti difende Enea; tu sei sicura.
 DIDONE
 E ben sarai contento.
 Mi volesti infelice? Eccomi sola,
1285tradita, abbandonata,
 senza Enea, senza amici e senza regno.
 Debole mi volesti? Ecco Didone
 ridotta alfine a lagrimar. Non basta?
 Mi vuoi supplice ancor? Sì, de' miei mali
1290chiedo a Iarba ristoro;
 da Iarba per pietà la morte imploro.
 IARBA
 (Cedon gli sdegni miei).
 SELENE
 (Giusti numi, pietà!)
 OSMIDA
                                          (Soccorso, o dei!)
 IARBA
 E pur, Didone, e pure
1295sì barbaro non son qual tu mi credi.
 Del tuo pianto ho pietà; meco ne vieni.
 L'offese io ti perdono
 e mia sposa ti guido al letto e al trono.
 DIDONE
 Io sposa d'un tiranno,
1300d'un empio, d'un crudel, d'un traditore
 che non sa che sia fede,
 non conosce dover, non cura onore?
 S'io fossi così vile,
 saria giusto il mio pianto.
1305No, la disgrazia mia non giunse a tanto.
 IARBA
 In sì misero stato insulti ancora!
 Olà, miei fidi, andate;
 s'accrescano le fiamme. In un momento
 si distrugga Cartago; e non vi resti
1310orma d'abitator che la calpesti. (Partono due guardie)
 SELENE
 Pietà del nostro affanno!
 IARBA
 Or potrai con ragion dirmi tiranno.
 
    Cadrà fra poco in cenere
 il tuo nascente impero
1315e ignota al passeggiero
 Cartagine sarà.
 
    Se a te del mio perdono
 meno è la morte acerba,
 non meriti, superba,
1320soccorso né pietà. (Parte)