Achille in Sciro, Parigi, Hérissant, 1780

 SCENA XIII
 
 Deliziosa nella reggia di Licomede.
 
 ACHILLE e DEIDAMIA, poi LICOMEDE e TEAGENE
 
 DEIDAMIA
 No, Achille, io non mi fido
 di tue promesse. A Teagene in faccia
 non saprai contenerti; il tuo calore
325ti scoprirà. Parti, se m'ami.
 ACHILLE
                                                    Almeno
 qui tacito in disparte
 lascia ch'io vegga il mio rivale.
 DEIDAMIA
                                                          Oh dio!
 T'esponi a gran periglio. Eccolo.
 ACHILLE
                                                            Ah questo (Turbandosi)
 dunque è l'audace? E ho da soffrir?...
 DEIDAMIA
                                                                      Nol dissi?
330Già ti trasporti.
 ACHILLE
                                Un impeto primiero
 fu questo; è già sedato. Or son sicuro.
 DEIDAMIA
 Tu parlerai.
 ACHILLE
                         Non parlerò, tel giuro. (Si ritira in disparte)
 LICOMEDE
 Amata figlia, ecco il tuo sposo; ed ecco,
 illustre Teagene,
335la sposa tua.
 ACHILLE
                          (Qui tollerar conviene).
 TEAGENE
 Chi ascolta, o principessa,
 ciò che de' pregi tuoi la fama dice
 la crede adulatrice; e chi ti mira
 la ritrova maligna. Io, che già sono
340tuo prigionier, t'offro quest'alma in dono.
 ACHILLE
 (Che temerario!) (Considerando sdegnosamente Teagene, s’avanza senza avvedersene)
 DEIDAMIA
                                    A così alto segno
 non giunge il merto mio; tanto esaltarlo
 non dei... Pirra! Che vuoi? Parti. (Avvedendosi che Achille è già vicino a Teagene)
 ACHILLE
                                                              Non parlo. (Si ritira in disparte come sopra)
 DEIDAMIA
 (Dei! Qual timor m'assale!)
 TEAGENE
345Chi è mai questa donzella?
 LICOMEDE
                                                    È il tuo rivale.
 DEIDAMIA
 (Son morta).
 ACHILLE
                           (Ah mi conosce).
 LICOMEDE
                                                            È Pirra il solo
 amor di Deidamia. Altre non vide
 più tenere compagne il mondo intero.
 DEIDAMIA
 (Ei parlava da scherzo e disse il vero).
 LICOMEDE
350Deidamia, or che ti sembra
 di sì degno consorte?
 DEIDAMIA
                                         I pregi, o padre,
 ne ammiro, ne comprendo;
 ma...
 LICOMEDE
             Tu arrossisci! Il tuo rossore intendo.
 
    Intendo il tuo rossor;
355«Amo» vorresti dir;
 ma in faccia al genitor
 parlar non vuoi.
 
    Il farti più soffrir
 sarebbe crudeltà;
360restino in libertà
 gli affetti tuoi. (Parte)