Ciro riconosciuto, Vienna, s. n., 1736

 SCENA XI
 
 CIRO e poi ARPALICE
 
 CIRO
1315Ah tramonti una volta
 questo torbido giorno e sia più chiaro
 l'altro almen che verrà.
 ARPALICE
                                             Mio caro Alceo,
 tu salvo! Oh me felice! Ah vieni a parte
 de' pubblici contenti. Il nostro Ciro
1320vive, si ritrovò; quel che uccidesti
 era un vile impostor.
 CIRO
                                         Sì! Donde il sai?
 ARPALICE
 Certo il fatto esser dee; queste campagne
 non risuonan che Ciro. Oh se vedessi
 in quai teneri eccessi
1325d'insolito piacer prorompe ogn'alma!
 Chi batte palma a palma,
 chi sparge fior, chi se ne adorna, i numi
 chi ringrazia piangendo. Altri il compagno
 corre a sveller dall'opra; altri l'amico
1330va dal sonno a destar. Riman l'aratro
 qui nel solco imperfetto; ivi l'armento
 resta senza pastor. Le madri ascolti
 di gioia insane a' pargoletti ignari
 narrar di Ciro i casi. I tardi vecchi
1335vedi ad onta degl'anni
 sé stessi invigorir. Sino i fanciulli,
 i fanciulli innocenti
 non san perché ma sul comune esempio
 van festivi esclamando: «Al tempio, al tempio».
 CIRO
1340E tu Ciro vedesti?
 ARPALICE
                                    Ancor nol vidi.
 Corriam...
 CIRO
                      Ferma, il vedrai
 pria d'ognun, tel prometto.
 ARPALICE
                                                    E Ciro...
 CIRO
                                                                      Ah ingrata
 tu non pensi che a Ciro. Il tuo pastore
 già del tutto obbliasti. E pur sperai...
 ARPALICE
1345Non tormentarmi Alceo. Se tu sapessi
 come sta questo cor...
 CIRO
                                          Siegui.
 ARPALICE
                                                          Né vuoi
 lasciarmi in pace?
 CIRO
                                    Ah tu non m'ami.
 ARPALICE
                                                                      Almeno
 veggo che non dovrei. Ma...
 CIRO
                                                    Che?
 ARPALICE
                                                                Ma parmi
 debil ritegno il naturale orgoglio.
1350Parlar di te non voglio; e fra le labbra
 ho sempre il nome tuo. Vuo' dal pensiero
 cancellar quel sembiante; e in ogni oggetto
 col pensier lo dipingo. Agghiaccio in seno
 se in periglio ti miro. Avvampo in volto
1355se nominar ti sento. Ove non sei
 tutto m'annoia e mi rincresce; e tutto
 quel che un tempo bramava or più non bramo.
 Dimmi or tu che ne credi; amo o non amo?
 CIRO
 Sì mio ben, sì mia speme...