Il Ciro riconosciuto, Venezia, Bettinelli, 1737

 SCENA III
 
 ASTIAGE e poi ARPAGO
 
 ASTIAGE
 Che oggetto tormentoso agli occhi miei
605costui divenne! Ei sa il mio fallo; a tutti
 palesarlo potrà. Servo mi resi
 del più reo de' miei servi. Ah Mitridate
 mora dunque ed Alceo. L'estinto Ciro
 il pretesto sarà... No. S'io gli espongo
610a un pubblico giudizio, il mio segreto
 paleseran costoro
 per imprudenza o per vendetta. È meglio
 assolvergli per ora. Un colpo ascoso
 indi gli opprima. E in qual funesta entrai
615necessità d'esser malvagio! A quanti
 delitti obbliga un solo! E come oh dio
 un estremo mi porta all'altro estremo!
 Son crudel perché temo; e temo appunto
 perché son sì crudel. Congiunta in guisa
620è al mio timor la crudeltà che l'una
 nell'altro si trasforma e l'un dell'altra
 è cagione ed effetto; onde un'eterna
 rinnovazion d'affanni
 mi propaga nell'alma i miei tiranni.
 ARPAGO
625Ah signor... (Affettando affanno)
 ASTIAGE
                         Giusti dei! Che fu? (Con ispavento)
 ARPAGO
                                                              Sicuro
 non è il sangue real.
 ASTIAGE
                                       Che? Si conspira
 contro di me?
 ARPAGO
                             No; ma il tuo Ciro estinto
 chiede vendetta.
 ASTIAGE
                                 (Altro temei).
 ARPAGO
                                                             (Di tutto
 il misero paventa).
 ASTIAGE
                                      Udisti amico
630dunque la mia sventura. Il sol perdei
 conforto mio.
 ARPAGO
                            (Falso dolor! Con l'arte
 l'arte deluderò).
 ASTIAGE
                                 Né m'è permesso
 punire alcun senza ingiustizia. È stato
 involontario il colpo.
 ARPAGO
                                        Alceo lo dice;
635ma chi sa?
 ASTIAGE
                       Non mi resta
 luogo a sospetti. Ho indubitate pruove
 dell'innocenza sua. Punir nol deggio
 d'una colpa del caso. Alceo si ponga
 Arpago in libertà; ma fa' che mai
640a me non si presenti
 né le perdite mie più mi rammenti.
 ARPAGO
 Ubbidito sarai.