Ciro riconosciuto, Parigi, Quillau, 1755

 SCENA V
 
 CIRO fra le guardie e detti
 
 ASTIAGE
                                 È quello
650di Mitridate il figlio? (Ad Arpago a parte)
 ARPAGO
                                          Appunto.
 ASTIAGE
                                                              Oh dei!
 Che nobil volto! Il portamento altero
 poco s'accorda alla natia capanna.
 Che dici? (Ad Arpago)
 ARPAGO
                      È ver; ma l'apparenza inganna.
 CIRO
 Dimmi, Arpalice, è quello (Ad Arpalice a parte)
655il nostro re?
 ARPALICE
                         Sì.
 CIRO
                                 Pur mi desta in petto
 sensi di tenerezza e di rispetto. (Da sé)
 ASTIAGE
 (Parlar seco è imprudenza.
 Partasi). (S’incamina e poi si ferma)
 ARPAGO
                    (Lode al cielo).
 ASTIAGE
                                                 Arpago, e pure (Ad Arpago a parte)
 in quel sembiante un non so che ritrovo
660che non distinguo e non mi giunge nuovo.
 ARPAGO
 (Aimè!)
 CIRO
                   Pria che mi lasci, (Appressandosi al re)
 eccelso re...
 ARPAGO
                        Taci, pastor. Commessa
 è a me la sorte tua. Parlando aggravi
 il suo dolor.
 CIRO
                         Più non favello. (Ritirandosi)
 ARPAGO
                                                       E ancora,
665signor, non vai? Qual meraviglia è questa!
 Perché cambi color? Che mai t'arresta?
 ASTIAGE
 
    Non so; con dolce moto
 il cor mi trema in petto;
 sento un affetto ignoto
670che intenerir mi fa.
 
    Come si chiama, oh dio,
 questo soave affetto?
 (Ah se non fosse mio,
 lo crederei pietà). (Parte)