Ciro riconosciuto, Parigi, Quillau, 1755

 SCENA XI
 
 MANDANE, poi ARPALICE
 
 MANDANE
 Che dolcezza fallace!
940Che voci insidiose! A poco a poco
 cominciava a sedurmi. Un inquieto
 senso partendo ei mi lasciò nell'alma
 che non è tutto sdegno. Affatto priva
 non sono alfin d'umanità. Mi mosse
945quel sembiante gentil, que' molli accenti,
 quella tenera età. Povera madre!
 se madre ha pur, quando saprà che il figlio
 lacero il sen da mille colpi... Oh folle
 ch'io son! Gli altri compiango
950e mi scordo di me. Mora l'indegno,
 se ne affligga chi vuole. Il figlio mio
 vendicato esser dee. Son madre anch'io.
 ARPALICE
 Principessa, ah perdona
 l'impazienze mie. D'Alceo che avvenne?
955È assoluto? È punito? È giusto? È reo?
 MANDANE
 Deh per pietà non mi parlar d'Alceo.
 
    Quel nome se ascolto,
 mi palpita il core;
 se penso a quel volto,
960mi sento gelar.
 
    Non so ricordarmi
 di quel traditore
 né senza sdegnarmi
 né senza tremar. (Parte)