Ciro riconosciuto, Parigi, Quillau, 1755

 SCENA III
 
 MANDANE sola
 
 MANDANE
                                Oh me infelice! Oh troppo
1135verace Mitridate! Avessi, oh dio!
 creduto a' detti tuoi. Potessi almeno
 lusingarmi un momento. E come? Ah troppo
 sdegnato era Cambise;
 troppo tempo è già scorso; e troppo nero
1140è il tenor del mio fato. Ebbi il mio figlio,
 stupida! innanzi agli occhi; udii da lui
 chiamarmi madre; i violenti intesi
 moti del sangue; e nol conobbi e volli
 ostinarmi a mio danno! Ancor lo sento
1145parlar, lo veggo ancor. Povero figlio!
 Non voleva lasciarmi. Il suo destino
 parea che prevedesse. Ed io tiranna...
 Ed io... Che orror! Che crudeltà! Non posso (S’alza)
 tollerar più me stessa. Il mondo, il cielo
1150sento che mi detesta; odo il consorte
 che a rinfacciar mi viene
 il parricidio suo; veggo di Ciro
 l'ombra squallida e mesta
 che stillante di sangue... Ah dove fuggo?
1155Dove m'ascondo? Un precipizio, un ferro,
 un fulmine dov'è? Mora, perisca
 questa barbara madre e non si trovi
 chi le ceneri sue... Ma... Come?... È dunque
 perduta ogni speranza? E non potrebbe
1160giungere Arpago in tempo. Ah sì clementi
 numi del ciel, pietosi numi al figlio
 perdonate i miei falli. È questo nome
 forse la colpa sua, colpa ch'ei trasse
 dalle viscere mie. No, voi non siete
1165tanto crudeli. Io la giustizia vostra
 dubitandone offendo. È vivo il figlio;
 corrasi ad abbracciarlo... Ah folle! Io vado
 a perder questo ancora
 languido di speranza ultimo raggio.
1170Andiam; chi sa?... Ma quello
 che a me corre affannato
 non è Cambise? Aimè! Son morta! È fatto
 l'orrido colpo. Ha nella destra ancora
 nudo l'acciar... Chi mi soccorre? Ah stilla
1175ancor del vivo sangue... Ah fuggi... Ah parti...