Ciro riconosciuto, Torino, Reale, 1757

 SCENA XII
 
 ARPALICE sola
 
 ARPALICE
965Ah chi saprebbe mai
 d'Alceo darmi novella? Io non ho pace,
 se il suo destin non so. Ma tanto affanno
 troppo i doveri eccede
 d'un grato cor. Che? D'un pastore amante
970Arpalice sarebbe? Eterni dei,
 da tal viltà mi difendete. Io dunque
 germe di tanti eroi... No no; rammento
 quel che debbo a me stessa. E pur quel volto
 mi sta sempre sugli occhi. Ah chi mi toglie,
975chi la mia pace antica?
 È amore? Io nol distinguo. Alcun mel dica.
 
    So che presto ognun s'avvede
 in qual petto annidi amore;
 so che tardi ognor lo vede
980chi ricetto in sen gli dà.
 
    Son d'amor sì l'arti infide
 che ben spesso altrui deride
 chi già porta in mezzo al core
 la ferita e non lo sa. (Parte)
 
 Fine dell’atto secondo