Siroe re di Persia, Venezia, Rossetti, 1726

 SCENA VI
 
 COSROE e MEDARSE
 
 MEDARSE
830Non è picciola sorte
 ch'uno stranier così fedel ti sia.
 Ma non basta o mio re. Maggior riparo
 chiede il nostro destin.
 COSROE
                                            Sarai nel giro
 di questo dì tu mio compagno al soglio
835e opporsi a due regnanti
 non potrà facilmente un folle orgoglio.
 MEDARSE
 Anzi il tuo amor l'irrita. Ha già sedotta
 del popolo fedel Siroe gran parte.
 Si parla e si minaccia, ah se non svelli
840dalla radice sua la pianta infesta
 sempre per noi germoglierà funesta.
 Atroce ma sicuro
 il rimedio saria; reciso il capo
 perde tutto il vigore
845l'audacia popolare.
 COSROE
                                     Io non ho core.
 MEDARSE
 Anch'io gelo in pensarlo, altro non resta
 dunque per tua salvezza
 che appagar Siroe e sollevarlo al trono.
 Volontier gli abbandono
850la contesa corona. Andrò lontano
 per placar l'ira sua. Se questo è poco
 sazialo del mio sangue, aprimi il seno.
 Sarò felice appieno
 se può la mia ferita
855render la pace a chi mi diè la vita.
 COSROE
 Sento per tenerezza
 il ciglio inumidir, caro Medarse
 vieni al mio sen. Perché due figli eguali
 non diemmi il ciel.
 MEDARSE
                                      Se ricusar potessi
860di scemar, per salvarti, i giorni miei,
 degno di sì gran padre io non sarei.
 
    Deggio a te del giorno i rai
 e per te come vorrai
 saprò vivere o morir.
 
865   Io vivrò se la mia vita
 è riparo a la tua sorte,
 io morrò se la mia morte
 può dar pace al tuo martir. (Parte)