Il Temistocle, Vienna, van Ghelen, 1736

 SCENA III
 
 NEOCLE, ASPASIA e detto
 
 NEOCLE
 O caro padre!
 ASPASIA
                            O amato
 mio genitore!
 NEOCLE
                            È dunque ver che a Serse
 viver grato eleggesti?
 ASPASIA
                                          È dunque vero
 che sentisti una volta
1095pietà di noi, pietà di te?
 TEMISTOCLE
                                               Tacete;
 e ascoltatemi entrambi. È noto a voi
 a quale esatta ubbidienza impegni
 un comando paterno?
 NEOCLE
                                           È sacro nodo.
 ASPASIA
 È inviolabil legge.
 TEMISTOCLE
                                    E ben, v'impongo
1100celar quanto io dirò, finché l'impresa
 risoluta da me non sia matura.
 NEOCLE
 Pronto Neocle il promette.
 ASPASIA
                                                  Aspasia il giura.
 TEMISTOCLE
 Dunque sedete; e di coraggio estremo (Siede)
 date pruova in udirmi.
 NEOCLE
                                             (Io gielo!) (Siede)
 ASPASIA
                                                                  (Io tremo!) (Siede)
 TEMISTOCLE
1105L'ultima volta è questa
 figli miei ch'io vi parlo. Infin ad ora
 vissi alla gloria; or se più resto in vita
 forse di tante pene
 il frutto perderei. Morir conviene.
 ASPASIA
1110Ah che dici!
 NEOCLE
                         Ah che pensi!
 TEMISTOCLE
                                                    È Serse il mio
 benefattor, patria la Grecia. A quello
 gratitudine io deggio,
 a questa fedeltà. S'oppone all'uno
 l'altro dovere; e se di loro un solo
1115è da me violato,
 o ribelle divengo o sono ingrato.
 Entrambi questi orridi nomi io posso
 fuggir morendo. Un violento ho meco
 opportuno velen...
 ASPASIA
                                    Come! Ed a Serse
1120andar non promettesti?
 TEMISTOCLE
                                              E in faccia a lui
 l'opra compir si vuol.
 NEOCLE
                                         Sebaste afferma
 che a giurar tu verrai...
 TEMISTOCLE
                                             So ch'ei lo crede
 e mi giova l'error. Con questa speme
 Serse m'ascolterà. La Persia io bramo
1125spettatrice al grand'atto; e di quei sensi
 che per Serse ed Atene in petto ascondo
 giudice io voglio e testimonio il mondo.
 NEOCLE
 Oh noi perduti!
 ASPASIA
                                Oh me dolente! (Piangono)
 TEMISTOCLE
                                                               Ah figli
 qual debbolezza è questa? A me celate
1130quest'imbelle dolor. D'esservi padre
 non mi fate arrossir. Pianger dovreste
 s'io morir non sapessi.
 ASPASIA
                                            Ah se tu muori
 noi che farem?
 NEOCLE
                               Chi resta a noi?
 TEMISTOCLE
                                                              Vi resta
 della virtù l'amore,
1135della gloria il desio,
 l'assistenza del ciel, l'esempio mio.
 ASPASIA
 Ah padre!
 TEMISTOCLE
                      Udite; abbandonarvi io deggio
 soli, in mezzo a' nemici,
 in terreno stranier, senza i sostegni
1140necessari alla vita e delle umane
 instabili vicende
 non esperti abbastanza; onde, il preveggo,
 molto avrete a soffrir. Siete miei figli,
 rammentatelo e basta. In ogni incontro
1145mostratevi con l'opre
 degni di questo nome. I primi oggetti
 sian de' vostri pensieri
 l'onor, la patria e quel dovere a cui
 vi chiameran gli dei. Qualunque sorte
1150può farvi illustri e può far uso un'alma
 d'ogni nobil suo dono
 fra le selve così come sul trono.
 Del nemico destino
 non cedete agl'insulti; ogni sventura
1155insoffribil non dura,
 soffribile si vince. Alle bell'opre
 vi stimuli la gloria,
 non la mercé. Vi faccia orror la colpa,
 non il castigo. E se giammai costretti
1160vi trovaste dal fato a un atto indegno,
 v'è il cammin d'evitarlo; io ve l'insegno. (S’alza)
 NEOCLE
 Deh non lasciarne ancora.
 ASPASIA
                                                  Ah padre amato (S’alzano)
 dunque mai più non ti vedrò?
 TEMISTOCLE
                                                         Tronchiamo
 questi congedi estremi. È troppo, o figli,
1165troppo è tenero il passo. I nostri affetti
 potrebbe indebolir. Son padre anch'io...
 e sento alfin... Miei cari figli, adio. (Gli abbraccia)
 
    Ah frenate il pianto imbelle;
 non è ver, non vado a morte,
1170vo del fato, delle stelle,
 della sorte a trionfar.
 
    Vado il fin de' giorni miei
 ad ornar di nuovi allori;
 vo di tanti miei sudori
1175tutto il frutto a conservar. (Parte)