Temistocle, Torino, Reale, 1757

 SCENA IV
 
 ASPASIA e poi ROSSANE
 
 ASPASIA
 Ah non ho fibra in seno
 che tremar non mi senta.
 ROSSANE
                                                 Aspasia, io deggio
 di te lagnarmi. I tuoi felici eventi
195perché celar? Se non amica, almeno
 ti sperai più sincera.
 ASPASIA
                                         (Ah tutto intese!
 Temistocle è scoperto).
 ROSSANE
                                             Impallidisci!
 Non parli! È dunque ver? Sì gran nemica
 ho dunque al fianco mio?
 ASPASIA
                                                 Deh principessa...
 ROSSANE
200Taci, ingrata; io ti scopro
 tutta l'anima mia, di te mi fido
 e tu m'insidi intanto
 di Serse il cor.
 ASPASIA
                             (D'altro ragiona).
 ROSSANE
                                                               È questa
 de' benefizi miei
205la dovuta mercé?
 ASPASIA
                                  Rossane, a torto
 e m'insulti e ti sdegni. Il cor di Serse
 possiedi pur, non tel contrasto; io tanto
 ignota a me non sono;
 né van le mie speranze insino al trono.
 ROSSANE
210Non simular. Mille argomenti ormai
 ho di temer. Da che ti vede, io trovo
 Serse ogni dì più indifferente; osservo
 come attento ti mira; odo che parla
 troppo spesso di te, che si confonde
215s'io d'amor gli ragiono; e mendicando
 al suo fallo una scusa,
 della sua tiepidezza il regno accusa.
 ASPASIA
 Pietoso e non amante
 forse è con me.
 ROSSANE
                               Ciò che pietà rassembra
220non è sempre pietà.
 ASPASIA
                                       Troppa distanza
 v'è fra Serse ed Aspasia.
 ROSSANE
                                               Assai maggiori
 n'agguaglia amor.
 ASPASIA
                                    Ma una straniera...
 ROSSANE
                                                                         Appunto.
 Questo è il pregio ch'io temo. Han picciol vanto
 le gemme là dove n'abbonda il mare;
225son tesori fra noi, perché son rare.
 ASPASIA
 Rossane, per pietà, non esser tanto
 ingegnosa a tuo danno. A te fai torto,
 a Serse e a me. Se fra le cure acerbe
 del mio stato presente avesser parte
230quelle d'amor, non ne sarebbe mai
 il tuo Serse l'oggetto. Altro sembiante
 porto nel core impresso; e Aspasia ha un core
 che ignora ancor come si cambi amore.
 ROSSANE
 Tu dunque...