Zenobia, Vienna, van Ghelen, 1737

 SCENA XI
 
 EGLE, poi RADAMISTO, MITRANE e detti
 
 EGLE
 Lascia amata germana,
 lascia che a questo seno...
 ZENOBIA
                                                 Egle che dici?
1175Quai sogni?
 EGLE
                         Egle non più. La tua perduta
 Arsinoe io son. Questa vermiglia osserva
 nota che porta al manco braccio impressa
 ciascun di nostra stirpe.
 ZENOBIA
                                              È vero!
 TIRIDATE
                                                              Oh stelle!
 ZENOBIA
 Quante gioie in un punto. E donde il sai?
 EGLE
1180Da quel pastor che padre
 credei finora. Ei da' ribelli armeni
 già corre il quarto lustro
 m'ebbe bambina; e per soverchio amore
 più non mi rese. Or di Zenobia i casi
1185sente narrar, sa che tu sei; né il seppe
 da me; ti serbai fede. O l'abbian mosso
 le tue sventure, o che al suo fin vicino
 voglia rendermi il tolto
 onor de' miei natali, a sé mi chiama,
1190tutta la sorte mia
 lagrimando mi svela e a te m'invia.
 ZENOBIA
 Ben ti conobbi in volto
 l'alma real.
 RADAMISTO
                        Deh Tiridate...
 TIRIDATE
                                                     Ah vieni,
 vieni o signore. Ecco Zenobia il tanto
1195tuo cercato consorte. Io te lo rendo.
 RADAMISTO
 Perdono o sposa.
 ZENOBIA
                                  E di qual fallo?
 RADAMISTO
                                                                Oh dio!
 Il mio furor geloso...
 ZENOBIA
                                        Il tuo furore
 per eccesso d'amor ti nacque in petto;
 la cagion mi ricordo e non l'effetto.
 TIRIDATE
1200Oh virtù sovrumana!
 ZENOBIA
 Principe una germana il ciel mi rende (A Tiridate)
 a cui deggio la vita; esserle grata
 vorrei; so che t'adora. Ah quella mano
 che doveva esser mia
1205diasi a mia voglia almen; d'Arsinoe or sia.
 TIRIDATE
 Prendila principessa. Ogni tuo cenno
 Zenobia adoro.
 EGLE
                               Oh fortunato istante!
 RADAMISTO
 Oh fida sposa!
 ZENOBIA
                              Oh generoso amante!
 CORO
 
    È menzogna il dir che amore
1210tutto vinca e sia tiranno
 della nostra libertà.
 
    Degli amanti è folle inganno
 che scusando il proprio errore
 lo chiamar necessità.
 
 Siegue ballo di nobili armeni e parti.
 
 FINE DELL’OPERA