Zenobia, Venezia, Bettinelli, 1745

 SCENA III
 
  Vastissima campagna, irrigata dal fiume Arasse sparsa da un lato di capanne pastorali e terminata dall’altro dalle falde d’amenissime montagne. A piè della più vicina di queste comparisce l’ingresso di rustica grotta tutto d’edera e di spini ingombrato. Vedesi in lontano di là dal fiume la real città d’Artassata con magnifico ponte, che vi conduce, e su le rive opposte l’esercito parto attendato.
 
 ZENOBIA ed EGLE da una capanna
 
 ZENOBIA
 Non tentar di seguirmi,
130soffrir nol deggio, Egle amorosa. Io vado
 fuggitiva, raminga; e chi sa dove
 può guidarmi il destin? Se de' miei rischi
 te conducessi a parte, al tuo bel core
 troppo ingrata sarei. Facesti assai,
135basta così. Due volte
 vivo per te. La tua pietà mi trasse
 fuor del rapido Arasse; il sen trafitto
 per tua cura sanò; dolce ricetto
 mi fu la tua capanna; e tu mi fosti
140consolatrice, amica,
 consigliera e compagna. Io nel lasciarti
 perdo assai più di te. Non lo vorrei;
 ma non basta il voler. Presso al cadente
 padre te arresta il tuo dovere; e in traccia
145me del perduto sposo affretta il mio.
 Facciamo entrambe il dover nostro; addio.
 EGLE
 Ma sola e senza guida
 per queste selve... Il tuo coraggio ammiro.
 ZENOBIA
 Non è nuovo per me. Fanciulla appresi
150le sventure a soffrir. Tre lustri or sono
 che l'Armenia ribelle un'altra volta
 a fuggir ne costrinse. E allor perdei
 la minor mia germana. Oh lei felice
 che morì nel tumulto o fu rapita!
155Io per sempre penar rimasi in vita.
 EGLE
 E vuoi con tanto rischio andar in traccia
 d'un barbaro consorte!
 ZENOBIA
                                            Ah più rispetto
 per un eroe ripieno
 d'ogni real virtù.
 EGLE
                                  Virtù reale
160è il geloso furor?
 ZENOBIA
                                 Chi può vantarsi
 senza difetti? Esaminando i sui
 ciascuno impari a perdonar gli altrui.
 EGLE
 Ma una sposa svenar...
 ZENOBIA
                                            Reo non si chiama
 chi pecca involontario. In quello stato
165Radamisto non era
 più Radamisto... Io giurerei che allora
 strinse l'armi omicide,
 m'assalì, mi trafisse e non mi vide.
 EGLE
 Oh generosa! E ben, di lui novella
170io cercherò; tu puoi restar.
 ZENOBIA
                                                   No, cara
 Egle, non deggio. A troppo rischio espongo
 la gloria mia, la mia virtù.
 EGLE
                                                  Che dici?
 ZENOBIA
 Io lo so, non m'intendi. Or odi e dimmi
 se temo a torto. Il giovanetto duce
175dell'attendate schiere,
 che da lungi rimiri, è Tiridate,
 germano al parto re. Prence finora
 più amabile, più degno
 non formarono i numi
180d'anima, di sembiante e di costumi.
 Mi amò, l'amai. Senza rossor confesso
 un affetto già vinto. Alle mie nozze
 aspirò, le richiese; il padre mio
 lieto ne fu. Ma perché seco a gara
185le chiedea Radamisto, al mio fedele
 impose il genitor ch'armi e guerrieri
 pria dal real germano
 ad implorar volasse, e reso forte
 contro il rivale, all'imeneo bramato
190tornasse poi. Partì; restai. Qual fosse
 il nostro addio di rammentarmi io tremo;
 prevedeva il mio cor ch'era l'estremo.
 Mentre io senza riposo
 affrettava co' voti il suo ritorno,
195sento dal padre un giorno
 dirmi che a Radamisto
 sposa mi vuol, che a variar consiglio
 lo sforza alta cagion, che s'io ricuso,
 la pace, il trono espongo,
200la gloria, i giorni suoi. Suddita e figlia,
 dimmi, che far dovea? Piansi, m'afflissi,
 bramai morir; ma l'ubbidii. Né solo
 la mia destra ubbidì; gli affetti ancora
 a seguirla costrinsi. Armai d'onore
205la mia virtù; sacrificai costante
 di consorte al dover quello d'amante.
 EGLE
 Né mai più Tiridate
 rivedesti finora?
 ZENOBIA
 Ah nol permetta il ciel. Questo è il timore
210che affretta il partir mio. Non ch'io diffidi,
 Egle, di me. Con la ragion quest'alma
 tutti, io lo sento, i moti suoi misura.
 La vittoria è sicura;
 ma il contrasto è crudel. Né men del vero
215l'apparenza d'un fallo
 evitar noi dobbiam; la gloria nostra
 è geloso cristallo e debil canna
 ch'ogni aura inchina, ogni respiro appanna.
 EGLE
 Misero prence! E alla novella amara
220che detto avrà?
 ZENOBIA
                               L'ignora ancor. Mi strinse
 segreto laccio a Radamisto. Ei torna
 agl'imenei promessi.
 EGLE
                                         Oh numi! E trova
 sollevata l'Armenia,
 vedovo il trono, ucciso il re, scomposti
225tutti i disegni sui
 e Zenobia...
 ZENOBIA
                         E Zenobia in braccio altrui.
 EGLE
 Che barbaro destino!
 ZENOBIA
                                          Or di', poss'io
 espormi a rimirar l'acerbo affanno
 d'un prence sì fedel? Che tanto amai?
230Che tanto il meritò? Che forse al solo
 udir che d'altri io sono... Addio.
 EGLE
                                                            Mi lasci!
 ZENOBIA
 Sì, cara, io fuggo. È periglioso il loco,
 le memorie, i pensieri.
 EGLE
                                             A chi fa oltraggio
 l'innocente pietà...
 ZENOBIA
                                     Temer conviene
235l'insidie ancor d'una pietà fallace.
 Addio; prendi un amplesso e resta in pace.
 
    Resta in pace e gli astri amici,
 bella ninfa, a' giorni tuoi
 mai non splendano infelici
240come splendono per me.
 
    Grata a' numi esser tu puoi
 che nascesti in umil cuna.
 Oh di stato e di fortuna
 potess'io cangiar con te. (Parte)