Zenobia, Venezia, Bettinelli, 1745

 SCENA VIII
 
 EGLE e MITRANE
 
 EGLE
 Povero prence. Oh quanta
 pietà sento di lui! Qual pena io provo
1055nel vederlo penar! Quel dolce aspetto,
 quel girar di pupille,
 quel soave parlar, del suo tormento
 chiama a parte ogni cor. Sì degno amante
 merita miglior sorte. Oh s'io potessi
1060renderlo più felice.
 MITRANE
                                      Assai pietosa,
 Egle, mi sembri. Ei di pietade è degno;
 ma la pietà che mostri eccede il segno.
 
    Pastorella, io giurerei
 o che avvampi o manca poco.
1065Hai negli occhi un certo foco
 che non spira crudeltà.
 
    Forse amante ancor non sei
 ma d'amor non sei nemica,
 che d'amor benché pudica
1070messaggera è la pietà. (Parte)